Politicamente dentellato

Articolo originariamente pubblicato il 19 luglio 2016
Rieditato per questo sito il 12 settembre 2021


Uno dei miei album del ciclo repubblicano, cui ho voluto dare un necessario restyling, cade in piena "epoca Craxi", già leader del Partito Socialista Italiano e Presidente del Consiglio dei Ministri dal 4 agosto 1983 al 17 aprile 1987. Una ghiotta occasione per tornare a parlare del francobollo quale strumento di propaganda del potere, in un'epoca, tra l'altro, ove tale aspetto parrebbe ormai solo un retaggio del passato. Il francobollo “politico clientelare” non è infatti una novità, nemmeno in periodo repubblicano.

Personaggi misteriosi, santi e protettori, città e paesi, hanno sempre ambito a trovare un posto di primo piano su di una carta valore. Due esempi magistrali li riporta, giusto per fare un esempio, Vaccari News in un intervento dedicato al binomio francobolli e politica. Si tratta di due articoli, uno del 1864 e l’altro del novembre 1914, che mettono in luce approcci diversi, ma che toccano lo stesso tema. Un secolo e mezzo fa, è la rivista belga “Le timbre-poste”, secondo gli specialisti la più antica che si conosca, a richiamare tale spinoso argomento. Nel numero pubblicato a novembre del 1864, un redazionale è intitolato “Collectiomanie et politique”. “Ecco due parole che urlano a trovarsi insieme”, evidenzia con i toni dello scandalo il periodico, nel rivelare delle forti pressioni che avrebbe subito. Ingerenze che avevano a che fare con una strana richiesta di francobolli delle Romagne, ovviamente non più venduti agli uffici postali di Bologna, ma che si diceva essere stati acquisiti, guarda caso, dal Governo di Bruxelles. Ed il richiedente, nella città emiliana, per ottenere il proprio scopo raggiunse gli ambienti nordeuropei che contavano, facendo attribuire principi liberali e massonici al fondatore del periodico, Jean-Baptiste Moens. Un classico esempio di uso improprio del potere politico per un fine privato, quello collezionistico.


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Differente, ma di analogo tema, è invece quanto appare, nero su bianco, nel novembre del 1914 sul “Bollettino filatelico”, rivista questa volta assolutamente "made in Italy". La Prima guerra mondiale aveva dato fuoco alle polveri sull'intero continente e la testata filatelica metteva in evidenza come l’emissione di cartevalori possa addirittura anticipare precise mire espansionistiche, solo in seguito ratificate dalla diplomazia reale.

Il primo atto d’imperio di uno Stato che mette piede su un lembo qualunque di terra, si manifesta sempre con l’emissione di francobolli speciali”, riporta l'intervento di Berti Merry ripreso da Vaccari News. “E magari, quando si vuol dare ad intendere ai gonzi che quella occupazione è soltanto temporanea, si emettono dei francobolli provvisori, cioè quelli metropolitani con la loro brava soprastampa”. Citando, fra gli esempi, le emissioni per la Bosnia-Erzegovina con l’aquila austroungarica (risalenti al 1879), che precedettero di quasi tre decenni l’inglobamento del territorio (avvenuto nel 1908); quelle di Cipro con la regina Vittoria, distribuite molto prima (datano 1880) dell’annessione formale (1914); le serie per Creta (1900), che anticiparono il passaggio dell’isola alla Grecia (1913). Giusto per fare qualche riferimento, assolutamente non esaustivo, ma certamente significativo.


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Lo stesso oggetto dentellato, ed a questo punto non ci stupirà di certo saperlo, fu ampiamente utilizzato per la propaganda politica di regime e la contropropaganda bellica. Durante la Seconda guerra mondiale furono approntati dei francobolli contro il regime nazista in Germania, così come nel Regno Unito contro il regime comunista russo. Sia Adolf Hitler che Stalin sono stati raffigurati in francobolli privati, poco più che vignette, ma con iscrizioni polemiche o con immagini raccapriccianti del volto, tutto ciò ad opera delle forze occupanti inglesi o americane. In Italia un valido esempio di propaganda resta il francobollo, copiato dal tipo dedicato all'accordo dell'Asse Italo-tedesco, con i volti di Mussolini e Hitler, che al posto del motto "Due popoli, una guerra", reca "Due popoli, un führer". Sempre nel nostro Paese furono emessi, subito dopo il conflitto, alcune particolari "valori" postali intitolati alle "vittime politiche", con i volti dei martiri antifascisti (compreso Matteotti), recanti valore facciale di 1 lira o 2 lire.

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A questo punto appare evidente che le due parole, politica e francobollo, si attraggono quasi come calamite, al punto da offrirsi ad un ulteriore approfondimento dentellato, quello del politico collezionista.

Tanti sono i casi citabili, ma due esempi bastano per tutti. Il primo ha una portata assolutamente internazionale. Le cronache specializzate lo raccontano come collezionista instancabile, un uomo che alla sua passione dedicava molte ore, in gran parte notturne: raccoglieva francobolli di tutto il mondo, disposti dentro album, a loro volta conservati in un baule di legno. Fulcro della collezione era la raccolta di saggi, prove e varietà di francobolli americani del Novecento, spesso donati direttamente dal Bureau of Engraving and Printing, la stamperia nazionale americana. Il suo nome è tutto un programma: Franklin Delano Roosevelt. Ne fa un ritratto collezionistico "da casella" il numero di aprile 2013 della rivista Il Collezionista. «Quando ero un giovanotto ho scoperto che mostrare i propri francobolli era un modo molto utile per catturare l’attenzione di una donna», ammicca lo stesso Roosevelt nell'alludere alla sua passione filatelica durante il colloquio con re Giorgio VI. È il giugno del 1939, la Gran Bretagna sta per entrare in guerra ed il monarca corre negli Stati Uniti per chiedere il sostegno. Il Philatelic President, come era chiamato, si era avvicinato alla filatelia a otto anni, su suggerimento dei genitori.


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Il secondo esempio è assolutamente italiano: Giulio Andreotti. Rovistando tra i numerosi articoli di cronaca politica, ne spunta uno del Corriere della Sera, in cui si racconta di un Andreotti che, appena prosciolto dalla Cassazione per l’omicidio Pecorelli, in un momento di composta esultanza, dichiara: «ho dovuto vendere la collezione di francobolli per pagarmi gli avvocati». La morte dell’ex presidente del Consiglio, il 6 maggio 2013, accrescerà dieci anni dopo quella assoluzione il numero dei tanti misteri andreottiani: il «calendario filatelico» è ancora lì nella sua biblioteca, con i 364 pezzi (appunto, il calendario) del 1870, uno per ogni giorno dell’ultimo anno del potere temporale dei Papi.  Il democristiano Andreotti manifestò per tutta la sua vita un immenso interesse per la filatelia, un amore nato con un colpo di fulmine, nel 1959, visitando con Giulio Bolaffi la mitica Mostra Filatelica di Palermo del 1959, ancora oggi citata dagli appassionati.

Il senatore a vita si stupì innanzi alla collezione personale di Elisabetta II; un altro «calendario filatelico» tutto fatto di emissioni inglesi, dedicato questa volta al 1859. E così decise per la sua personale collezione, imperniata sul suo periodo storico più amato. Ne ricavò anche una riflessione che sottopose in un discorso a «Italia ‘76», l’esposizione mondiale di filatelia. Una collezione unica al mondo che, per indicazione degli eredi Andreotti, è stata battuta come lotto all’Hotel de la Ville a Milano, ripartita in complessivi 3.267 lotti con basi di partenza stratosferiche. Capire ora dove finisce il politico collezionista ed inizia il collezionista politico è impresa ardua, certo che ad Andreotti statista si devono certamente alcune emissioni "per benevolenza", in modo particolare alcuni francobolli dedicati a temi molto cari al mondo cattolico e scudocrociato.

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Giulio Andreotti non fu certamente il solo a caldeggiare qualche emissione particolare. Fece parlare, nel 1973, il francobollo dedicato alla Torre di Pisa, emesso l'8 ottobre. Si discuteva all'epoca dell'ottavo centenario della "pendente" più famosa al mondo, che però nel 1173 fu solamente iniziata, per esser poi conclusa duecento anni dopo, nel 1372. Comunque sia, tale ricorrenza non era prevista nel calendario filatelico del 1973, se non fosse che il ministro Giuseppe Togni, desideroso d'offrire un gesto di riconoscenza politica ai suoi elettori pisani, decise per un bel quadretto dentellato, ordinato fresco fresco al Poligrafico. Da quando Bettino Craxi iniziò a circolare ai piani alti del Palazzo, il fenomeno che coniugava francobolli a politica trovò massimo risalto in ambito filatelico e postale.

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Agli inizi degli anni Ottanta l'emergenza degli “anni di piombo” cominciò ad esser superata, grazie ad alcuni importanti successi delle forze dell'ordine. Le rivelazioni sulla P2 e l'intensificarsi della pericolosità mafiosa s'intrecciavano all'ottimismo per una decisa ripresa economica. La lottizzazione politica del sistema produttivo nazionale aveva ormai raggiunto un imperturbabile equilibrio, tanto da consolidare la fase dei governi del “pentapartito” (Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli). Primo interprete di tale fase politica fu il leader dei socialisti Bettino Craxi.

Fu, il suo, un governo decisionista che alimentò “l'euforia del benessere”, aumentando però in modo incontrollato la spesa pubblica, forte di un sistema compiacente che intrecciava agli interessi del florido mercato azionario e speculativo, quelli delle lobby. Un sistema che, pur di conquistare il consenso di vasti strati della società civile, non esitò a favorire ambigui modelli di comportamento sociale e contributivo. Un decisionismo che rispose, fin troppo sbrigativamente, a molti temi irrisolti. Fu in questo periodo, ad esempio, che il panorama dell'informazione televisiva passò dal monopolio al duopolio, grazie al forte appoggio offerto alla Fininvest di Silvio Berlusconi, che non mancò negli anni a seguire di offrire sostegno al leader socialista.

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Fulgido esempio di intreccio tra politica e filatelia, resta il francobollo da 2.000 lire, espresso e molto “raccomandato”, che il 31 maggio 1986 celebra la Giornata dei martiri e dei caduti per l’indipendenza nazionale. Si trattò, in realtà, di un’emissione spot, giacché la “Giornata”, proclamata proprio dall'Onorevole Bettino Craxi, all'epoca già Presidente del Consiglio, non ebbe mai svolgimento. Eppure, il bollettino illustrativo, firmato dallo stesso leader del Partito socialista italiano, insediatosi tre anni prima a Palazzo Chigi alla testa del pentapartito Psi-Dc-Psi-Pri-Pli, parrebbe testimoniare un evento già codificato, per di più corroborato dal francobollo celebrativo. La Giornata dei martiri e dei caduti per l’indipendenza nazionale, si legge a firma di Craxi nel cartoncino diffuso all’antivigilia del quarantesimo anniversario della Festa della Repubblica, è stata istituita per accomunare in una stessa memoria ed in una stessa celebrazione tutti coloro che hanno offerto la loro vita per la nostra unità e la nostra indipendenza. Nella trasposizione grafica di Emidio Vangelli De Cresci una figura simbolica bagna con il proprio sangue il rosso della bandiera italiana.

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Ma in realtà cosa accadde? Il 20 marzo 1986 fu formalizzato alla Camera il disegno di legge 3604 “nuove norme in materia di ricorrenze festive”. Di alto lignaggio i nomi dei presentatori: oltre a Bettino Craxi, il ministro del Tesoro Giovanni Goria (Dc), quello della Difesa Giovanni Spadolini (Pri) e di Grazia e Giustizia Mino Martinazzoli (Dc). Insomma, un accordo blindato, che il premier considerò fatto ancor prima della conclusione dell’iter legislativo. Ma anche il decisionismo craxiano doveva fare i conti con le liturgie parlamentari. Sicché solo il 12 novembre 1986 (nel frattempo il leader del Garofano aveva siglato il “patto della staffetta”, che prevedeva, a marzo 1987, il ritorno di Palazzo Chigi a un esponente democristiano), la commissione Lavoro della Camera approvava un testo sulle ricorrenze festive che all’articolo 1 sanciva la citata “giornata dei martiri dell’indipendenza nazionale” quale festa nazionale.  

Tutto deciso, allora? Ma nemmeno per sogno. Il 17 aprile 1987 Craxi passava il testimone al democristiano Amintore Fanfani, al timone di un governo “balneare”. Dopo le elezioni del 14 giugno, il presidente della Repubblica affidò l’incarico a Giovanni Goria e di seduta in seduta l'iter della legge sulle festività rincorse l'anno 2000 (governo Amato), facendo giustizia della norma taglia festività del 1977: «A decorrere dal 2001 la celebrazione della Festa nazionale della Repubblica ha nuovamente luogo il 2 giugno di ciascun anno, che pertanto è ripristinato come giorno festivo”. Ma d’indipendenza nazionale ormai non v’è più traccia.

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I Patti di Villa Madama, anch'essi ricordati con una emissione datata 15 ottobre 1985, furono un altro dei veloci “colpi di mano” tipici della personalità craxiana. L'accordo di Villa Madama, noto anche come nuovo concordato, fu una serie di patti volti a «regolare le condizioni della religione e della Chiesa in Italia» e stipulati dal Presidente del Consiglio Bettino Craxi per la Repubblica Italiana e il Cardinale Segretario di Stato Agostino Casaroli per la Santa Sede. La normativa relativa alla Chiesa cattolica è contenuta nella Legge 25 marzo 1985, n. 121 di ratifica ed esecuzione degli accordi firmati a Roma il 18 febbraio 1984, cui si aggiunge un Protocollo addizionale.

L'accordo vede come contraenti la Santa Sede e lo Stato italiano, i cui rapporti sono già regolati dai "Patti Lateranensi", che possono essere modificati di comune accordo senza ricorrere a "revisione costituzionale", ma che necessitano di ulteriori modifiche consensuali del Concordato Lateranense a causa del continuo processo di trasformazione politica e sociale. Il secondo prevede che ulteriori materie per le quali necessiti la collaborazione tra Chiesa cattolica e Stato possano essere regolate sia con nuovi accordi tra le due parti, sia mediante intese tra le competenti autorità dello Stato e la Conferenza episcopale italiana.

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In tempi più recenti, a testimonianza che il francobollo mantiene quel valore di rappresentanza che va ben oltre il ruolo di mera affrancatura, corre l'obbligo di segnalare i francobolli stampati in proprio dalla Lega Nord e dal "Governo del Nord Italia", valori che in taluni casi sono stati accettati da uffici postali e regolarmente utilizzati. Considerati erinnofili a tutti gli effetti, i dentellati padani vantano ormai diverse emissioni e sono considerate curiosità per il tema filatelico a sfondo politico - storico. Non aggiungo altro, perché di cose da dire sul binomio filatelia e politica c'è ne sarebbero tante da farne una interessante tematica trasversale al periodo Repubblicano e non solo!

Bibliografia essenziale

  • AA.VV, Politica e francobolli, 15/11/2014, Vaccari News (ultima consultazione 30/10/2019)
  • Domitilla D'angelo, Politica e francobolli a casa di Roosvelt, Il Collezionista (Bolaffi), 2013
  • Paolo Conti, Quei francobolli di Andreotti, Corriere della sera, 18 settembre 2015
  • Claudio Baccarin, L’illustrazione dei bollettini illustrativi, L’Arte del Francobollo, n°12 marzo 2012;
  • Franco Filanci, Dizionario di storia postale, Cronaca Filatelica Speciale n°2, settembre ottobre 1997
  • Danilo Bogoni, Franco Filanci, Europa 50 una storia dentellata, 2007, Poste Italiane.