Antropologia del collezionista.
“La conoscenza è un processo di costruzione continua”
Il canutismo del mondo filatelico, un ritornello costante dell’ultimo decennio, pare ormai diventato una patologia da discutere nei salotti televisivi di Elisir. Un malessere di cui tanto si dibatte, ma che i più finiscono con l’accettare come una sorta di malattia endemica figlia della storia. Ci siamo trovati a riflettere spesso di tutto ciò, talvolta con un poco di sufficienza. Quella di chi vive il collezionismo come sfumatura ludica del proprio quotidiano, come un’evasione oltre i confini del proprio territorio, con l’emozione dell’archeologo dilettante. Una riflessione suffragata dal nostro tentativo di trovare un filo conduttore tra il passato, quello filatelico le cui radici si legano alla figura nonna Linda cui Marco deve l’inizio e il quasi completamento della collezione dell’Italia repubblicana, e il suo futuro, quello rappresentato da un’altra Linda, sua figlia, alla quale cerca di raccontare che la filatelia può oggi varcare, se questo serve a stimolare curiosità ed emozione, i confini del collezionismo da “casella” ed esondare in una più personalistica visione del racconto. Un racconto fatto di itinerari storici, culturali e postali che attinge a piene mani ai tanti ambiti dentellati: marcofilia, interofilia, storia postale, filografia e quant’altro serva a stimolare la nostra voglia di approfondire, di andare oltre.
Un racconto fatto però anche di fantasia, di suggestione, di intuizioni che vanno al di là di vincoli accademici o che spesso ci fanno, a torto credo, associare la parola filatelia al termine investimento. Proponendoci l’errata idea che se non hai soldi è meglio che lasci perdere, che se non hai quel tal pezzo da novanta la tua non è una collezione. Allontanando, in tal modo, chi si avvicina, magari con lo spirito giusto, quello di chi con la voglia di approfondire, di documentarsi al meglio, tira fuori da un paio di reperti, perché e così che amiamo chiamarli, una storia ai più sconosciuta, ma piena di fascino. Ecco il valore. Ecco la medicina.
La medicina che abbiamo ritrovato nel dare vita, tra un francobollo e l’altro della collezione
“classica”, ad itinerari di vero approfondimento (alcune dei quali condivideremo
in questo spazio web), che nulla hanno a che vedere con il concetto di finanza,
non foss’altro che il divertimento nel fare tutto ciò non ha prezzo.
Quanto ci siam sentiti di enunciare sino ad ora abbozza ciò che chiamiamo il profilo
antropologico del collezionista, un ritratto che abbiamo trovato ben dipinto in
un articolo, a firma Enrico Castruccio, sulle pagine del numero di settembre
2011 del mensile “L’Arte del Francobollo”. Un pezzo che vi invito
a leggere e dal quale liberamente stiamo per frugare in quanto a citazioni e
sottolineature. Per ribadire a chi ci legge, come già Castruccio sostiene, che
una collezione è un gruppo di oggetti legati da una qualche attinenza. Un
gruppo selezionato, organizzato, individuato e isolato che di per sé non serve
a nulla, se non a mostrarsi ed a “raccontare” una storia attraverso la sequenza
o le sequenze di tutti i suoi componenti.
La collezione è, sotto molti aspetti,
un’avventura: basti pensare a tutto quello che un collezionista fa per trovare
qualcosa che ancora non ha, alle gioie e alle delusioni della ricerca. La
collezione è conoscenza, un’intensa attività di osservazione, studio,
documentazione e riordino.
“La conoscenza è un processo di costruzione continua”. A dirlo non siamo noi. É un tal Jean Piaget, biologo, pedagogista e psicologo elvetico, considerato il fondatore dell'epistemologia genetica, ovvero dello studio sperimentale delle strutture e dei processi cognitivi legati alla costruzione della conoscenza nel corso dello sviluppo. Attraverso i suoi studi è possibile scorgere, di riflesso, un’interessante analisi della passione che lega un collezionista alla sua raccolta.
Come fanno gli individui
a sviluppare conoscenza? La risposta di Jean Piaget è che i bambini imparano
attraverso due processi complementari: l’assimilazione (ricondurre dati nuovi a
eventi già acquisiti) e l’accomodamento (modificare gli eventi per adattarli a
dati ed eventi nuovi). Tornando al collezionista, che cosa fa quando i
suoi oggetti hanno raggiunto quella massa critica oltre la quale, per capirci
qualcosa, è necessario organizzarli? S’inventa uno schema, uno schema di base
fatto di categorie e sottocategorie, capace di rendere tutto più logico e ben
disposto. Per costruirselo è costretto a studiare i suoi oggetti nei minimi
particolari.
Una volta costruito lo schema, il collezionista vi inserirà, mano a mano, i nuovi oggetti che arrivano: l’assimilazione. Ma può sempre accadere che l’ultimo oggetto trovato non riesca ad avere collocazione in nessuna delle “caselle”. Sarà dunque necessario ristrutturare lo schema inserendo nuove categorie, oppure ripensando a quelle esistenti. Questo, nel linguaggio di Piaget, è l’accomodamento. Nel caso del collezionista il processo di apprendimento assume una dimensione plastica nel momento in cui le categorie e le sottocategorie sono fisicamente evidenziate, disponendo gli oggetti in serie di album o di scaffali, la cui collocazione o disposizione muta ogni qualvolta lo schema è ristrutturato.
Le pagine tecniche e storiche di approfondimento che creiamo per i nostri album
Probabilmente è questo l’aspetto più
gratificante per il
collezionista (oltre che faticoso): sperimentare il processo della
conoscenza attraverso gli oggetti che egli mette insieme. Non ce ne
vogliano dunque gli accademici di storia postale o i puristi della filatelia,
il nostro hobby altro non è che l’esercizio del piacere nel dare un senso ed un
gusto ai nostri reperti, di tracciare un sentiero nuovo o di ripercorrerne uno
già battuto con occhi diversi, un viaggio nel mondo della civiltà della
scrittura.
E questo spazio che riserviamo in questo nostro spazio virtuale, le cui versatili caratteristiche offerte dalla rete sposano la logica di continua ristrutturazione cui un collezionista sottopone la propria raccolta, altro non è che il tentativo di allargare i nostri orizzonti condividendo le conoscenze, ampliandole con quelle di altri collezionisti che siamo certi sapranno correggere i nostri errori e colmare le nostre lacune di “archeologi” dilettanti.
Bibliografia essenziale per questo articolo:
Per visionare l'intera collezione in digitale:
Articolo distribuito con licenza
Le idee su come strutturare il proprio percorso espositivo sono certamente frutto di analisi e studio della propria collezione, perseguono gli obiettivi più o meno accademici che ci siamo posti, ma hanno necessità di un apparato "museale" che renda il frutto del nostro lavoro di raccoglitori postali ed archeologi della parola scritta fruibile, decifrabile, godibile.
La collezione è un racconto fatto di itinerari storici, culturali e postali che attinge a piene mani dai tanti recinti dell'anima dentellata: marcofilia, interofilia, storia postale, filografia e quant’altro serva a stimolare la nostra voglia di approfondire, di andare oltre. Un racconto fatto però anche di fantasia, di suggestione, di intuizioni che vanno al di là di vincoli accademici.
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