Nina, Adrien ed Étienne riempiono la scena di "Tre", il numero perfetto di Valérie Perrin

librijpg

Avvertenza
Valutazione e recensione sono frutto del mio personale gusto individuale, delle mie preferenze letterarie, così come la valutazione che assegno. E' quindi più che comprensibile, anzi auspicabile, che molti non la pensino come
 me. Detto ciò: ogni libro è fatto per essere letto.

⭐ Sufficiente
⭐ ⭐ Più che discreto
⭐ ⭐ ⭐ Buono
⭐ ⭐ ⭐ ⭐ Ottimo
⭐ ⭐ ⭐ ⭐ ⭐ Eccellente

La mia valutazione su questo libro:
4 stellajpg

Ci sono alcune coordinate, sulla mappa emozionale cui questa autrice ci ha abituato a navigare, che ci toccano nel profondo. Quasi esse rappresentassero un punto di contatto tra il mondo che ci appartiene e quello immaginario del racconto. “Tre” (Edizioni E/O, 2021), non fa eccezione: è pregno di musica e musicalità (o meglio delle sue sonore citazioni), di letteratura e letture, tanto da nascondere tra le sue pagine un libro nel libro; vi si ritrova potente la ricomposizione del dolore che non si può cancellare, ma che è possibile trasformare, sorta di rimedio omeopatico per offrirsi nuovamente alla vita; la rappresentazione dell’amicizia è forte quanto mai, forse la vera interprete del lavoro di Valérie Perrin; non ultima, compare la pressante necessità di cercare un approdo sicuro, un luogo protetto, che se in “Cambiare l’acqua ai fiori” era un piccolo camposanto di provincia, qui diventa un rifugio per cani orfani (non a caso l’autrice è madrina di un rifugio per animali abbandonati in Borgogna) e rappresenta, in quella sofferta elaborazione del dolore, il luogo della rinascita.

«Mi chiamo Virginie. Di Nina, Adrien ed Étienne, oggi Adrien è l’unico che ancora mi rivolge la parola. Nina mi disprezza. Quanto a Étienne, sono io che non voglio più saperne di lui. Eppure fin dall’infanzia mi affascinano. Sono sempre stata legata soltanto a loro tre» (da “Tre” di Valérie Perrin).

Nina, Adrien ed Étienne riempiono la scena, si alternano sul palcoscenico della vita che scorre, che scivola via, dall’infanzia all’adolescenza, dalla terra di mezzo sino all’età adulta. In una scansione temporale che scorre in dissolvenza fluida come in un programma di morphing. Tutto ciò in un’atmosfera a tratti un po’ surreale ma mai finta, nel paesaggio ad acquerello della Borgogna, in un luogo fisico chiamato La Comelle. Sono in tre. Un numero quasi perfetto per questa autrice: il terzo libro (dopo “Il quaderno dell’amore perduto” e “Cambiare l’acqua ai fiori”), il titolo della colonna sonora del racconto suonata dagli Indochine (loro terzo album), il trio di amici.

Foto interne post - Copiajpg


Un terzetto in cui questa autrice d’oltralpe che ci fa dimenticare, e non è poco, la Violette del suo lavoro precedente, grazie ad una ispirazione profonda che, lella stessa, racconta le sia giunta dopo aver letto “Non mentirmi” di Philippe Besson, la storia di un amore intenso, segreto, assoluto, in un'epoca in cui l'omosessualità è un tabù, elementi ai quali Perrin attinge con passione, mantenendo nel suo lavoro di scrittura intimista una gentilezza che non svela l’arcano narrativo, se non dopo averci messo a confronto con la psicologia dei personaggi, con la loro sfera emozionale più profonda, con il loro passato. In un lavoro di ricerca minuzioso che, nello scorrere del tempo, pur soffermandosi poco di più in quel mondo agro dolce dell’adolescenza, intercetta ogni epoca e la fotografa con buona profondità di campo. E così facendo ridà valore alla parola, anche a quella scritta, attraverso le lettere che il nonno di Nina, ad esempio, consegna ogni giorno nel suo giro di postino, insieme ai segreti contenuti nelle stesse. Insieme alla forza della parola che qui conta.

Etienne Beaulieu è il ragazzo bello, affascinante, sfrontato nelle conquiste, tutto il contrario di Adrien Bobin, lo studente modello, introverso, all’apparenza sottomesso, gregario del primo, figlio di una madre persa negli ideali e nelle nebbie del sessantotto. E poi c’è Nina la cui mente è capace di spiccare il volo, di guardare oltre l’orizzonte, di catalizzare la reazione chimica che li rende un tutt’uno, un numero perfetto. Ogni cosa è bella, come in un favola, ma poi la vita frana sotto i loro piedi e sembra dividerli nel dolore: i misteri e le paure sulla scomparsa della fidanzatina di Etienne, Clotilde Marais, trovata tanti anni dopo in fondo ad un lago, sfumatura noir del romanzo; la disperazione di Nina per la morte del nonno che l’ha cresciuta, il fantasma della madre, la relazione tossica che la obbligherà a saltare dall’altare alla polvere; il successo di un Adrien scrittore, la cui fama sarà oscurata dai segreti e dai tormenti che egli affida alla scrittura.

“Mi chiamo Virginie. Di Nina, Adrien ed Étienne, oggi Adrien è l’unico che ancora mi rivolge la parola. Nina mi disprezza. Quanto a Étienne, sono io che non voglio più saperne di lui. Eppure fin dall’infanzia mi affascinano. Sono sempre stata legata soltanto a loro tre” (da “Tre” di Valérie Perrin).

E quando, quasi a tre terzi del libro (il tre che ritorna), la nebbia si dipana sul quarto interprete, la voce narrante di Virginie, l’amica d’infanzia che ci ha rivelato, come un narratore onnisciente, gli straordinari legami che uniscono Nina, Adrien ed Étienne, tutto ci riporta nuovamente a quel numero tre con una “sottrazione” che ci sorprende, con garbo. Con umanità. Amici, così diversi, ma così sorprendentemente uniti, complementari quasi. Anche a questo punto il racconto tuttavia non si ferma, anzi fiorisce. Lo fa in una scrittura che scorre, che non si appesantisce mai, che talvolta inciampa in qualche ovvietà e che forse si adagia un po' troppo mollemente in una sorta di lieto fine che, non scontato e non certificato, apre tuttavia alla speranza ed alla vita, ma soprattutto a ciò che inaspettatamente la stessa è capace di offrire o di farci incontrare. Incontri che possono, talvolta, cambiarne improvvisamente il corso. E, in fondo, tutto ciò è un sollievo, perché è indubbio che questo libro eredità dal precedente la consapevolezza della fragilità della vita e dell'inevitabile elaborazione del lutto, di un domani non garantito, del valore delle scelte per restare o partire, degli affetti che sono poi le nostre vere radici.

E in questa cronaca di vite che s’intrecciano, Valérie Perrin non fugge mai dalla nostra quotidiana terrena realtà, non ne distorce la dimensione autentica, anzi la racconta attraverso i gesti semplici della quotidianità, gli sguardi di chi ci circonda, le vibrazioni che ci attraversano. Sono tanti i temi che “Tre” intercetta: quello dell’abbandono in ogni sua sfaccettatura, quello della discriminazione e dell’accettazione della diversità, il tema della violenza contro le donne. La verità è che questo libro ci mostra, con grande chiarezza, cosa sono Karma e Dharma, i due principi universali che stabiliscono gli equilibri della nostra vita ed è per questo che va letto con attenzione.