"Esuli" di Gianni Oliva. Testimonianza dell'esodo dei 300 mila italiani costretti a lasciare le loro case

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Avvertenza

Valutazione e recensione sono frutto del mio personale gusto individuale, delle mie preferenze letterarie, così come la valutazione che assegno. E' quindi più che comprensibile, anzi auspicabile, che molti non la pensino come
 me. Detto ciò: ogni libro è fatto per essere letto.

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La mia valutazione su questo libro:
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E’ scritto bene, si legge in modo scorrevole nonostante sia un saggio, e porta a corredo un gran numero di immagini che, per l’argomento affrontato, testimoniano più di qualunque parola la portata di una tragedia italiana di cui si parla sempre troppo poco: il grande esodo degli italiani costretti a lasciare le loro case e le loro terre e diventare esuli, dopo la firma del Trattato di Pace che assegnava l’Istria, Fiume e le isole del Quarnaro all'allora Jugoslavia di Tito. Le foibe prima, i campi profughi subito dopo.

Il libro si intitola “Esuli” (Mondadori, Le Scie 2011, dall’anno successivo edito in Oscar Storia) e lo ha scritto Gianni Oliva. Leggendolo l’ho trovato un necessario completamento ad un altro bel lavoro di ricerca e divulgazione storica dello stesso autore di cui ho già parlato: “Foibe” (prima edizione Le Scie Mondadori, 2002; successivamente nelle edizioni Oscar Storia). D’altro canto Oliva è una garanzia quando parliamo delle vicende del confine orientale del dopoguerra: storico e giornalista, ricercatore accurato sulla nostra storia del Novecento, questo autore si è appassionato e ci ha appassionato nel comprendere e analizzare gli aspetti meno sondati del nostro passato, tra cui il tema delle foibe, dell’esodo istriano dalmata, dei complessi rapporti degli accordi che furono firmati tra l’Italia e la ex Jugoslavia di Tito.

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Un libro da leggere soprattutto perché credo che la semplice celebrazione dell'annuale “Giornata del Ricordo” (10 febbraio) non basti alla coscienza nazionale per elaborare e comprendere la portata di un esodo che ha coinvolto oltre 300 mila tra uomini, donne, anziani e bambini, costringendoli ad abbandonare le proprie terre ed a rifugiarsi nei centri di raccolta profughi sparsi per la penisola. Colonne umane con le proprie masserizie accatastate su mezzi di fortuna diretti, in gran parte, verso un ignoto lontano dai luoghi natii, dai ricordi. Estirpati dalle loro radici.

Parliamo spesso di migrazioni forzate, lo facciamo sovente citando popolazioni di altri continenti. Ci sconvolgiamo di tali eventi, della loro portata, di quanto questi spostamenti di intere popolazioni siano poi capaci di influenzare la storia per decenni, così come di trasformare la geografia umana e sociale di intere nazioni. Paradossalmente però abbiamo dimenticato per anni fatti analoghi accaduti nel nostro Bel Paese, quasi che una malattia avesse offuscato la nostra capacità di ricordare e la rimozione fosse il rimedio ideale per ricominciare. Con l’organizzazione della Resistenza in Italia ed il 25 aprile, la nazione, disse Oliva in un’intervista su questo suo lavoro “si convince di aver vinto una guerra che di fatto ha perso, pesantemente. E la prova è sotto gli occhi di tutti. Basta prendere una carta geografica e visualizzare l’estensione dello Stato prima e dopo la guerra. La contrazione è evidente, l’Italia ha perso territori con i quali ha pagato la scelta di campo durante il conflitto. e più di 300 mila esuli ne sono la prova evidente, sotto gli occhi di tutti”. Negare la loro esistenza è stata quindi la conseguenza più logica. Questo libro è la medicina per riacquistare la memoria, ma è anche un vaccino per immunizzarsi da ogni altro tentativo di oblio così come fece, nel dopoguerra, una certa sinistra italiana ammiccante ad un comunismo dal volto umano di Tito, a fronte di una evidente realtà dittatoriale.

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Gianni Oliva, che ci offre sempre uno snello preludio di inquadramento storico alle vicende raccontate (l'Impero Asburgico, Regno d'Italia, Grande Guerra e Seconda Guerra Mondiale), ci guida su un sentiero che ripercorre la vicenda degli italiani esuli nel suo insieme. Egli ci consente di capire meglio ciò che, nella realtà dei fatti determinati dalla guerra e nella frastagliata geografia di un'Italia sconfitta e costretta a pagar pegno con pezzi del suo territorio, stava realmente accadendo. Ma anche, così come succede nella lettura di “Foibe” (prima edizione Le Scie Mondadori, 2002; successivamente nelle edizioni Oscar Storia), ci permette di riflettere su quanto abbia influito nel creare quell’atmosfera d’odio che ci ha visto vittime, la assurda persecuzione della comunità slovena e croata operata dal regime fascista e il suo crudele tentativo di “slavizzazione” della regione dalmato-giuliana che ci mise allo stesso livello degli occupanti nazisti.

Dall'annessione dell'Istria e della Dalmazia, all'occupazione italo-tedesca della Jugoslavia (1941-43), dai bombardamenti alleati di Zara e di Fiume fino alla presa di Trieste nel 1945 da parte delle truppe di Tito e agli infoibamenti. Ed è solo in questo schema della narrazione che il saggio è veramente tale, perché già ci da l’idea che quell’esodo forzato, che stava per cambiare la vita a centinaia di migliaia di italiani, non era “un” solo esodo, ma tanti esodi che confluivano su un’unica strada. Ecco quindi che, nella seconda parte del suo libro, Oliva ci racconta delle partenze da Pola e dall'Istria, dello lo svuotamento dei villaggi, dei documenti relativi alle opzioni di nazionalità, degli incidenti di Trieste del 1953, della "slavizzazione" dell'Istria e della Dalmazia. Lo fa offrendoci molti dati che ci aiutano a valutare la reale entità di una tragedia umanitaria che aveva luogo in casa nostra, senza mai perdere il tema collettivo della perdita della memoria di chi è costretto a lasciare tutto, dimenticando la propria vita passata, soffrendo la scomparsa di riferimenti di un'intera comunità. Quella giuliano dalmata e istriana frantumata dunque, sparpagliata in un centinaio di campi profughi disseminati nella penisola, afflitti da sistemazioni precarie e fatiscenti, chiusi da cancelli e reticolati, circondati da altri italiani che, a loro volta impoveriti e talvolta inariditi dalla guerra, non sempre si mostravano sensibili ad un dramma che per loro era sinonimo di sconfitta e di ulteriori privazioni.

Utilissima anche la cronologia posta in coda, seguita da una ricca bibliografia. Il libro, nella cui prefazione già si accenna all’incontro avvenuto il 13 luglio 2010 tra il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ed i presidenti di Slovenia e Croazia, si apre al futuro grazie ad una fotografia del concerto diretto da Riccardo Muti tenutosi proprio nell’occasione dell’incontro presidenziale, auspicio forse di una ormai necessaria ricomposizione delle diverse "memorie" nazionali, ma soprattutto di un recupero del nostro ricordo, unico vero strumento per dare dignità a italiani come noi che, in quei momenti così drammatici, hanno dovuto rinunciare ad un pezzo del loro futuro.