Per non dimenticare! "Foibe" di Gianni Oliva. Contro ogni tentativo di negazionismo dei fatti

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Valutazione e recensione sono frutto del mio personale gusto individuale, delle mie preferenze letterarie, così come la valutazione che assegno. E' quindi più che comprensibile, anzi auspicabile, che molti non la pensino come
 me. Detto ciò: ogni libro è fatto per essere letto.

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La mia valutazione su questo libro:
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Il 10 febbraio è il giorno in cui, nel 1947, fu firmato il Trattato di pace che assegnò l’Istria, Fiume e le isole del Quarnaro all'allora Jugoslavia. Circa cinquant'anni dopo, per votazione quasi unanime del Parlamento, fu istituita la “Giornata del Ricordo” per non dimenticare la tragedia delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Dopo anni di silenzi imbarazzanti, l’Italia ha dato inizio ad un processo di sdoganamento di fatti storici che hanno lasciato profonde cicatrici in parte della popolazione italiana, un sanguinamento silenzioso che non è mai riuscito a coagulare in una coscienza nazionale condivisa. Anche oggi, trascorsi tanti anni da quegli eventi, il revisionismo storico che punta a ridimensionare ciò che accadde, se non il negazionismo stesso, attingono a piene mani dalla non conoscenza dei fatti.

Indispensabile dunque fare riferimento a fonti storiche documentate, soppesate, confrontate con rigore, come, ad esempio, questo “Foibe” di Gianni Oliva (prima edizione Le Scie Mondadori, 2002; successivamente nelle edizioni Oscar Storia), che nel suo inciso titola “le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria”. Gianni Oliva è un noto storico e giornalista, studioso attento del Novecento, che da molti anni si occupa degli aspetti meno approfonditi della nostra storia, ponendo particolare attenzione, ma per come scrive potrei dire passione, ai grandi nodi irrisolti del secondo dopoguerra. Tra questi ultimi vi si trova certamente il tema delle foibe, dell’esodo istriano dalmata, dei complessi rapporti degli accordi che furono firmati tra l’Italia e la ex Jugoslavia di Tito.

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La sinossi del saggio già rivela che la scrittura è certamente adattata ad un compito divulgativo, pur mantenendo il necessario rigore storico nel racconto dei fatti, delle citazioni di date, luoghi e persone. Essa già ci aiuta a capire la reale portata di quella che non è esagerato definire tragedia umanitaria. Dopo la fine della guerra, esattamente tra il maggio ed il giugno 1945, migliaia di italiani della Venezia Giulia, dell'Istria e della Dalmazia furono uccisi dall'esercito jugoslavo del maresciallo Tito. La strage colpì un numero tuttora indefinito di italiani. C’è chi parla di cinquemila, chi di ottomila, forse anche di più: cittadini prelevati dalle proprie case, uccisi senza processo, eliminati occultandone poi i corpi nelle “foibe”, cavità profonde fino a cento metri e larghe venti delle regioni carsiche. Molti altri sono invece deportati nei campi della Slovenia e della Croazia, dove muoiono di stenti e di malattie. Per non parlare poi dei circa trecentomila profughi, cittadini italiani che dopo il 1947 lasciano le loro terre d’origine, passate sotto sovranità jugoslava, e raggiungono la penisola, ospitati in un centinaio di campi di raccolta sparpagliati in tutte le regioni della penisola, persino in Sardegna.

Le stragi, ci racconta Oliva nel suo saggio, fanno parte di in una strategia politica mirata a colpire tutti coloro che si oppongono all'annessione delle terre contese alla nuova Jugoslavia: cadono in questo modo collaborazionisti e militi della Repubblica di Salò, ma anche membri dei comitati di liberazione nazionale, partigiani combattenti, comunisti contrari alle cessioni territoriali e cittadini comuni. Persone come noi. Uno degli esempi emblematici di ciò che accade è Norma Cossetto, studentessa poco più che ventenne dell’Università di Padova a un passo dalla Laurea. Fu violentata, trucidata e gettata nelle foibe nell’ottobre del 1943, per la sola colpa di essere la figlia di un funzionario fascista di basso livello. Ma non c’è solo Norma tra i visi che questo racconto fa emergere alla memoria, alla coscienza ed alla consapevolezza di chi lo legge, ci sono tanti altri nomi ed episodi oscuri di quegli anni. Nelle foibe ci finirono anche ragazzi e ragazze, bambini, persone comuni che nulla avevano a che fare con il potere e la politica della guerra, con il Fascismo o con il Comunismo, ma che da perfetti innocenti speravano solo in una vita normale.

Tutti vittime di una miscela letale in cui la storia ha mescolato e compresso la politica di italianizzazione forzata perseguita nel Ventennio fascista nell’Istria e nelle aree linguistiche miste del confine orientale (con la sistematica snazionalizzazione delle comunità slovena e croata e l'esasperazione degli antagonismi nazionali) con la politica espansionistica del maresciallo Tito e l’ambizione di annettere alla nuova Jugoslavia comunista la Dalmazia, l’Istria e Trieste.

C’è tra queste pagine, e ben lo si percepisce, il clima d'odio di quel periodo. Ma da perfetto storico Gianni Oliva non scrive per schierarsi, scrive per comprendere e farci comprendere le motivazioni di quella collera disumana e disumanizzante. Lo fa partendo dall’inizio, dai “quaranta giorni di Trieste” e, soprattutto, analizzando il fenomeno del “fascismo di confine” nel quale forse si colloca la genesi di quell’odio che innescherà tutte quelle uccisioni. Scrive, l’autore, supportato da contributi storiografici, fotografie, memorie di sopravvissuti e documenti rintracciati negli archivi statali. Li richiama in modo coinvolgente e convincente, ancor più quando affronta le foibe istriane del ‘43, l’“Operazione Nubifragio”, l’occupazione e l’amministrazione tedesca dal 1943 al 1945 e le sue violenze, come la Risiera di San Sabba, offrendoci un panorama completo e drammatico delle stragi avvenute in quella regione, smentendo con i fatti e le citazioni tutte quelle manipolazioni e ancor più quelle negazioni che, con distrazioni politiche talvolta compiacenti alla vicina Jugoslavia, per anni hanno cercato di cancellare questa dolorosa pagina di storia.

Per chi non sa cosa ha rappresentato l’incendio dell’Hotel Balkan (Narodni dom) a Trieste il 13 luglio 1920, e volutamente non lo racconto in questo mio suggerimento di lettura, questo “Foibe” di Gianni Oliva è il libro giusto per colmare una lacuna e quindi per capire. Per iniziare a comprendere. Per chi, invece, già conosce quei fatti, questa lettura è importante per non dimenticare chi non c’è più. Ma ancor di più per rammentare quanto l’uomo, la cui evoluzione darwiniana ha necessitato qualche milione di anni, impieghi un solo istante per rinunciare alla sua umanità.