Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana: don Milani e il mondo del lavoro. Un saggio di Francesco Lauria

   librijpg

Avvertenza
Valutazione e recensione sono frutto del mio personale gusto individuale, delle mie preferenze letterarie, così come la valutazione che assegno. E' quindi più che comprensibile, anzi auspicabile, che molti non la pensino come
 me. Detto ciò: ogni libro è fatto per essere letto.

⭐ Sufficiente - ⭐ ⭐ Più che discreto - ⭐ ⭐ ⭐ Buono
⭐ ⭐ ⭐ ⭐ Ottimo - ⭐ ⭐ ⭐ ⭐ ⭐ Eccellente

La mia valutazione su questo libro:
3 stellajpg

Il 27 maggio 2023 si sono celebrati i cento anni dalla nascita di un prete, un priore, decisamente rivoluzionario: don Lorenzo Milani. Nei discorsi, nei servizi televisivi, sui giornali che hanno tenuto la cronaca del ricordo, tanto si è parlato della sua “Lettera ad una professoressa”, del suo impegno con la scuola di Barbiana, del manifesto e d quella missione volta a rivendicare una scuola per tutti, mai struttura di una una cultura elitaria: in quel di Barbiana tutti vanno a scuola e tutti fanno scuola offrendo il modello di un’educazione partecipata a tutti e partecipata da tutti. Un pensiero che renderà don Milani un prete sopra le righe, quasi un eretico in vita, oscurato dalla Chiesa stessa, recuperato poi come un illuminato vari anni dopo la sua scomparsa.

Non va però dimenticato che quel suo pensiero rivolto alle classi sociali non sempre sintonizzate con i poteri dell’epoca, porterà il priore di Barbiana a contrapporsi alla gerarchia ecclesiastica. Tra le sue posizioni anche quelle rivolte alla classe operaia, a quella contadina, a quelle frange disagiate che chiedevano migliori condizioni di lavoro e di vita. “Voi non sapete leggere la prima pagina del giornale, quella che conta e vi buttare come disperati sulle pagine dello sport. E’ il padrone che vi vuole così perché chi sa leggere e scrivere la prima pagina del giornale è oggi e sarà domani dominatore del mondo”. Una riflessione chiara, come lo sono molte delle sue citazioni di uno strumento sindacale per antonomasia: lo sciopero. “Lo sciopero è un’ arma (…). Somiglia alla spada dei cavalieri medievali che veniva consacrata sull’altare in difesa dei deboli e degli oppressi. Se era cristiana quella spada lo sarà di più lo sciopero, arma incruenta” oppure “Ma se c’è poi uno sciopero che ha in più il profumo del sacrificio cristiano è lo sciopero di solidarietà”.

Appare evidente, innanzi a tali posizioni che non si possibile ignorare i punti di contatto tra la figura di don Lorenzo Milani e il mondo del lavoro, tra quel priore sopra le righe e il sindacato, perché proprio nelle parole dei sui scritti, in molte delle sue famose lettere egli concepiva e guardava al sindacato e allo sciopero come una “proposta” all’interno di una società guidata dai valori dei poveri, piuttosto che come un elemento esclusivamente rivendicativo.

Immaginejpg


Per tale approfondimento pare un buon punto di partenza questo saggio curato da Francesco Lauria e messo in stampa da Edizioni Lavoro nel 2018. Intendiamoci, è un saggio elaborato in un contesto culturale sindacale e come tale va masticato bene, va digerito con calma, poco si presta ad una lettura post turno di otto ore lavorative alla fioca luce della lampada che avete sul comodino. Si tratta, come dice l’introduzione, di un testo collettivo, il prodotto di un anno di incontri e di una collaborazione tra il Centro Studi Cisl di Firenze/Fondazione Tarantelli e la Fondazione Don Milani, forse a sottolineare quel filo teso, che non rivendica però alcun privilegio, tra Fiesole (sede del centro studi cislino) e Barbiana.

La leva ufficiale per cambiare la legge è il voto. La Costituzione gli affianca anche la leva dello sciopero. Ma la leva vera di queste due leve del potere è influire con la parola e con l'esempio. Don Lorenzo Milani, lettera ai giudici, 1965.

Nel libro si trovano interventi di Anna Maria Furlan, Luigi Lama, Giuseppe Gallo (tutti Segretari CISL), ma anche di studiosi come Marco Damilano, scrittore e cronista di politica e società, Sandra Gesualdi collaboratrice della Fondazione don Milani, Francesco Lauria, Bruni Manghi, Emidio Pichelan, Francesco Scrima, Lauro Seriacopi, in gran parte protagonisti attivi, nel corso degli anni, dello sviluppo e dell’impegno educativo del Centro Studi Cisl in quel di Fiesole.

“Con quella tenacia di cui era capace quando era convinto di avere intuito una verità andò a cercare uno ad uno tutti i giovani operai e contadini del suo popolo. Entrò nelle loro case, sedette ai loro tavoli per convincerli a partecipare alla sua scuola perché l’interesse dei lavoratori, dei poveri non era quello di perdere tempo intorno al pallone e alle carte come voleva il padrone, ma di istruirsi per tentare di invertire l’ordine della scala sociale”. Nella scuola da lui fondata entrarono giovani operai e contadini di ogni tendenza politica, una partecipazione che andò ampliandosi negli anni, grazie al fatto che con essa egli mostrò di servire la verità prima di ogni altra cosa. “Vi prometto davanti a Dio che questa scuola la faccio unicamente per darvi una istruzione e che vi dirò sempre la verità di qualunque cosa, sia che serva alla mia ditta, sia che la disonori, perché la verità non ha parte, non esiste il monopolio come le sigarette”.

lettera2jpgjpg
La mostra fotografica "Barbiana: Il silenzio che diventa voce" al centro Studi CISL


Proprio perché nella scuola di don Milani l’impegno sindacale era anche impegno sociale, lo stesso andava pesato come un preciso dovere a cui un lavoratore cristiano non poteva certamente sottrarsi. Per questo in questo saggio è fondamentale l’apporto dato alla narrazione da molti allievi del priore di Barbiana. Studenti che sono poi finiti per diventare sindacalisti, come Maresco Ballini, Agostino Burberi (che frequentava il doposcuola della canonica), Francesco “Francuccio” Gesualdi che collaborò alla stesura della “Lettera a una professoressa”, Michele Gesualdi, tra i primi allievi (scomparso nel 2018 e sepolto oggi accanto al suo maestro), Paolo Landi.

Un saggio sul filo della memoria, una riscoperta di valori in un percorso che dagli anni del ‘68 corre al nostro tempo. La celebrazione di un impegno reale. Basti pensare che don Lorenzo ne fece quasi una questione di principio quando licenziarono Mauro da una tessitura di Prato, perché non avevano licenziato un giovane del popolo in cui egli viveva, ma quell’operaio di cui lui, per mezzo della scuola e delle discussioni che ogni giorno andavano sino a tarda notte, conosceva la quotidianità, la famiglia, i problemi, le gioie e le afflizioni. Così a quel licenziamento contrappose tutta la forza e l’energia del suo pensiero e della sua parola. Lo scrive lo stesso Centro Studi don Milani: “per giorni interi si discusse a scuola con sindacalisti, magistrati e ispettori del lavoro su come reagire, come impedire una ingiustizia così grave”.

Il saggio, come pone per inciso la quarta di copertina, è “una storia di riscatto, impegno, denuncia e testimonianza”. Interessante il corredo iconografico posto al centro del volume e la ricca bibliografia che lo correda.