L'estate dell'orsa maggiore di Giuseppe Festa. Un libro fortemente intergenerazionale

librijpg

Avvertenza
Valutazione e recensione sono frutto del mio personale gusto individuale, delle mie preferenze letterarie, così come la valutazione che assegno. E' quindi più che comprensibile, anzi auspicabile, che molti non la pensino come
 me. Detto ciò: ogni libro è fatto per essere letto.

⭐ Sufficiente
⭐ ⭐ Più che discreto
⭐ ⭐ ⭐ Buono
⭐ ⭐ ⭐ ⭐ Ottimo
⭐ ⭐ ⭐ ⭐ ⭐ Eccellente

La mia valutazione su questo libro:
3 stellajpg

“L’estate dell’orsa maggiore” è un libro fortemente intergenerazionale. Appassiona giovani lettori e maturi frequentatori di libri, figli e genitori. Non solo li appassiona, ma li unisce nel condividere emozioni e valori che andrebbero recuperati, riesumati in questa nostra era fatta di social, di like e di visualizzazioni che li ha sotterrati senza alcuna omelia funebre. Lo dico perché l’ho sperimentato in prima persona e mi sono permesso di dirlo sottovoce anche all’autore che, con mio figlio, ho ascoltato con piacere durante un evento che si è tenuto alla Basilica Palladiana di Vicenza, proprio per la presentazione di questo suo lavoro. Lo dico perché la riscoperta delle relazioni sociali, dell’empatia tra esseri di specie diverse e tra uomini e ambiente è un valore che diamo per scontato, ma che questo libro vuole ricordarci di rinnovare, di tenere vivo, di salvare dall’estinzione. Lo sottolineo perché l’homo telefonicus, un genere di primati della famiglia Hominidae frutto di una recente maldestra evoluzione, pare averlo dimenticato e, se da un lato parla di salvaguardia dell’ambiente cliccando like a video e foto di animali di ogni tipo, dall’altro al posto del fucile imbraccia un cellulare e spara post a ripetizione, anche dove la caccia è vietata. E tutto ciò Festa lo racconta perfettamente.

Partiamo subito con il dire che, a differenza di altri lavori dal sapore fortemente ambientalista di Festa, e non potrebbe essere altrimenti visto che lo stesso è laureato in Scienze Naturali e si occupa di educazione ambientale, questo non è solo un romanzo. Certo, nella scrittura si sente e appassiona il ritmo del racconto a mezza via tra fiction e documentario (stile forse levigato anche dall’esperienza nello sceneggiare il docufilm Oltre la frontiera), ma a prevalere è comunque la realtà. Sopra di tutto, infatti, c’è la storia vera e saperla tale offre alla lettura un sapore diverso. Ti spinge a leggere con avidità in quella veloce alternanza in cui l’autore si sposta su quattro differenti piani narrativi: c’è la storia vera, coniugata al passato, di una cucciola d’orso in difficoltà che ha quattro mesi, pesa appena tre chili e non è svezzata, una condizione che lascia pensare che il suo futuro sarà quello di vivere in un recinto per il resto dei suoi giorni, se non fosse che la biologa Roberta ed i suoi colleghi del Parco Nazionale d’Abruzzo tentano, anzi rischiano, un’avventura mai sperimentata prima di adozione e di successivo rilascio in natura.

Foto interne post 3 - Copiajpg

C’è il pensiero, immaginato, ma non troppo, della protagonista, Morena, orsa orfana e affamata che sperimenta un’infanzia in un mondo fatto di rumori e odori mai sentiti prima. Morena che Festa fa parlare (anzi pensare), senza mai però, e questo è il merito, di commettere il peccato di umanizzarne troppo il pensiero, visto che la cucciola orso è ed orso deve restare.

C’è la storia di questo libro, la genesi de “L’estate dell’orsa maggiore” in cui Festa diventa interprete e voce narrante, in cui parla con i suoi testimoni oculari, interagisce con la biologa Roberta (sorta di protagonista di un metaverso emozionale), con i guardiaparco e i forestali, con veterinari e naturalisti. Una genesi che, nello stesso presente in cui l’azione si svolge, si sdoppia e mette in parallelo un’altra vicenda, un nuovo racconto, una ritrovata e imprevista realtà: un altro cucciolo è in pericolo e bisogna aiutarlo prima che sia troppo tardi.

A dirla proprio tutta ci sarebbe pure, a dar valore didattico al racconto, un messaggio trasversale e di condanna ad un approccio al nostro ambiente e a chi lo popola da sempre (orsi, lupi, caprioli o scoiattoli che essi siano) poco consapevole. Quasi che essere un escursionista, uno che va per boschi, non necessiti nel nostro Paese di una cultura naturalistica, di una educazione ambientale che gli consenta di proteggere ciò che vede da sé stesso, dalla propria umanità, e al contempo di difendersi da contatti imprevisti o da pericoli che possono considerarsi connaturati, endemici in determinati habitat.

“Una guardiaparco mi raccontò che da bambina, quando suo nonno boscaiolo tornava dal lavoro, le portava sempre un piccolo oggetto naturale: un rametto dalla forma bizzarra, un sasso colorato, una manciata di mirtilli. «Questo è il regalo di Tata Urz», le diceva. Il regalo di Nonno Orso. Era una consuetudine assai diffusa, in moltissime famiglie. L’orso come presenza misteriosa e positiva.“

Foto interne post 2 - Copiajpg

Nel mio passato di giornalista di viaggi ho avuto modo di soggiornare nei grandi parchi nazionali d’Alaska e per farlo vale l’obbligo di chi vi entra di formarsi, attraverso guide e corsi organizzati dai guardiaparco, su ecosistema, animali e rischi potenziali. E guai a non rispettarli, pena che il ranger vi colga in fallo, magari appostato silenziosamente dietro un albero, e vi rifaccia ripetere il percorso didattico formativo, in barba alle vostre proteste. La natura è una cosa seria. E lo ricorda, strana coincidenza temporale tra l’uscita del libro e i fatti accaduti, il tragico episodio in cui un giovane è stato ucciso da un’orsa nei boschi del Trentino. Il che ci fa sorgere spontanea la domanda su cosa veramente pensiamo sia un ambiente naturale selvaggio e come ha detto Festa in una recente intervista domandarsi se crediamo assomigli a “un giardino di casa dove i pericoli sono pari a zero e tutto è sotto il nostro controllo, oppure a un luogo in cui la natura può essere se stessa e seguire leggi diverse da quelle dell’Uomo?”

L’incidente occorso tra i boschi del Trentino è il primo episodio dall’inizio del progetto Life Ursus, nato ventiquattro anni fa per riportare l’orso bruno sulle Alpi dopo la sua quasi estinzione, ed è censito come il quarto incidente fatale in Europa negli ultimi centocinquant’anni. Esattamente: quattro a centocinquanta. Nonostante ciò, stante i social media, è parso quasi che tutti gli orsi siano sbucati dalla selva vestendo il ruolo di spietati feroci assassini e che passeggiare in un bosco sia una pratica da persone votate al suicidio. Ma, lo ricorda l’autore in questo suo racconto, generazioni di abruzzesi sono cresciuti vedendo l’orso per quello che è: non un adorabile e soffice peluche da accarezzare, neppure un feroce killer, ma un essere elusivo, potente, magico. Da conoscere e soprattutto da rispettare.

Con “L’estate dell’orsa maggiore”, come la sinossi in quarta del libro vuole ben sintetizzare, “Giuseppe Festa rivela la vera essenza dell’orso marsicano: una creatura intelligente e maestosa, drammaticamente a rischio d’estinzione, che riassume in sé la straordinaria ricchezza del nostro patrimonio naturalistico e l’urgenza di prendercene cura” e lo fa a cuore aperto, senza nasconderci alcuna emozione, sino alla commozione.