Le radici bibliche della Storia di Israele di Martin Noth. Un altro punto di osservazione.

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Avvertenza
Valutazione e recensione sono frutto del mio personale gusto individuale, delle mie preferenze letterarie, così come la valutazione che assegno. E' quindi più che comprensibile, anzi auspicabile, che molti non la pensino come
 me. Detto ciò: ogni libro è fatto per essere letto.

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La mia valutazione su questo libro:

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Spesso, quando si affronta il tema dell’instabilità del Medio Oriente e del mondo arabo, così come dell’ormai secolare contrapposizione tra israeliani e palestinesi, lo si fa analizzandolo dal punto di vista geopolitico. In tal senso è decisamente ampia la bibliografia cui si potrebbe fare riferimento, uso volutamente il condizionale in quanto la frequenza con cui sui social si leggono assurde balordaggini è un’evidenza di quanto poco seriamente si approfondisca il problema. Meno frequente, invece, è l’approccio al tema osservandolo dal punto di vista religioso (o mitologico per chi non è credente), dacché, e sarebbe imprudente dimenticarlo, gli ebrei in quanto tali non sono un popolo con un'accezione etnica, ma una comunità religiosa accomunata da un credo comune: l’ebraismo, una delle più antiche religioni monoteistiche, dalla quale è derivato anche il cristianesimo e il cui nucleo originario risale alla credenza in un Dio unico, Yahweh, che stringe con il suo popolo un patto speciale a partire da Abramo, il primo uomo chiamato "ebreo", in ebraico “ivri”.  

Mi scuso per tale digressione sui termini, ma è necessario, per parlare di questo libro, chiarire che l’ebraismo non è necessariamente sinonimo di sionismo, il quale è invece da considerare un'ideologia politica attraverso la quale si è affermato e motivato il diritto alla autodeterminazione del “popolo” ebraico (da religione a popolo) a disporre di uno Stato ebraico (da popolo a entità nazionale) in quella che è stata definita la "Terra di Israele", anche se, trovo sempre giusto ricordarlo, già nel 1897, due inviati in Palestina dai rabbini di Vienna dopo il Congresso di Basilea per sondare la “terra promessa”, inviarono a casa un'eloquente telegramma che recitava: “la sposa è bella, ma è sposata a un altro uomo”.

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“Storia di Israele” di Martin Noth (Paideia Editrice 1975 dalla seconda edizione edita nel 1954 che rielabora ed amplia il testo della prima), pubblicato originariamente in tedesco nel 1950 (appena un paio d’anni dopo la proclamazione dello stato israeliano) e tradotto in inglese soltanto nel 1960, è considerato da diversi decenni un classico nel campo degli studi biblici. Avete capito bene: biblici! Un’evidenza che chiarisce subito l’approccio dell’autore al trinomio Palestina-Ebrei-Israele. Questa di Noth è considerata un'opera fondamentale che offre un resoconto completo e dettagliato della formazione e dello sviluppo dell'antico Israele, dal termine “israelitico”, ovvero degli Israeliti: la comunità israelitica. 

Non è un libro semplice e presuppone un certo interesse all’approccio religioso, ma credo sia fondamentale per chi sia interessato ad un sistematico approccio ai conflitti mediorientali, anche alla luce di quanto ho scritto all’inizio di questo invito alla lettura. Come scrive l'autore questo libro intende essere un manuale "per presentare anzitutto i fatti relativi alla storia di Israele, come sono valutati attualmente dalla ricerca scientifica" mettendo in luce, se necessario, il metodo di ricerca storica, introdurre appropriate questioni storiche e allo stesso tempo indicare i limiti della conoscenza storica.

L’approccio dell’autore allo studio della storia israelita si basa su un’analisi critica dei testi biblici e del loro contesto storico. Noth sostiene che la Bibbia ebraica andrebbe letta come una fonte di informazioni storiche, non solo e semplicemente come un testo puramente religioso. Al punto che egli mette in evidenza anche quanto siano importanti l'archeologia, le ricerche linguistiche, storiche e topografiche nella ricostruzione delle condizioni sociali, economiche e politiche dell'antico Israele. Nel fare tutto ciò egli ci obbliga ad arretrare nei secoli rispetto alla storia contemporanea, dando al testo sacro un ruolo non esclusivamente proiettato alla professione fede, ma documentale. Tanto che potremmo tranquillamente cambiarne il titolo nella "storia antica delle genti di Israele", per quanto la storia antica è, in fondo, colei che guida il racconto.

Martin Noth, nato a Dresda nel 1902, morì nel maggio del 1968 durante un'escursione archeologica nel sito di Shivta, nel deserto del Negev. Fecondo biblista e ebraista tedesco molto studiato, anche nei seminari, è stato docente all'Università di Lipsia dal 1928 al 1930, a Königsberg dal 1930 al 1945 e a Bonn dal 1945 al 1965, in quell'anno divenne direttore dell’Istituto tedesco di Gerusalemme. Ancora oggi è ricordato soprattutto per questo suo libro e per gli studi sul processo di composizione dell'Antico Testamento. Avanzò la teoria secondo cui diversi libri dell'Antico Testamento costituivano originariamente un'opera più grande ("storia deuteronomista"). I libri in questione erano Deuteronomio, Giosuè, Giudici, 1 e 2 Samuele e 1 e 2 Re. C'è sicuramente un’affinità teologica e di stile in questi scritti e Roth raccolse alcune tradizioni preesistenti, esaminò la struttura degli scritti e sostenne la teoria di un “testo unificato”.

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Martin Noth struttura la sua “Storia di Israele” in quattro parti principali. La prima comprende il periodo premonarchico, a partire dall’emersione delle dodici tribù israelite, le loro origini, l'insediamento, la lega e la liberazione dall'Egitto sino all'alleanza del Sinai. La seconda corre sino all'instaurazione della monarchia sotto Saul, primo re degli Israeliti, vissuto nella seconda metà dell’XI secolo a. C., la cui storia è narrata nel primo libro di Samuele. Prosegue poi con i grandi regni di Davide e di Salomone sino alla caduta del Regno settentrionale di Israele, indipendente fino al 720 a.C. circa, quando fu conquistato dall'Impero Assiro. La sessione seguente ci racconta proprio della dominazione assira e neobabilonese, quando il re di Babilonia Nabucodonosor occupò e distrusse Gerusalemme deportando la popolazione e mettendo fine allo stato di Giuda Nell'esilio, la coesione degli ebrei non venne meno e quando (538 a.C.) Ciro conquistò la Babilonia, essi ottennero l'autorizzazione al ritorno ed alla restaurazione della comunità ebraica. Un'ultima parte, che l'autore titola " Restaurazione, decadenza, tramonto", illustra l'insurrezione maccabea e l'epoca romana. 

La lettura, che ci obbliga a più riprese a rivedere le nostre competenze religiose, può contare sul supporto di un indice delle citazioni bibliche (non presente sulla prima stesura del libro). Essa ci offre dunque un approccio assai differente rispetto a quelli cui siamo normalmente abituati dall’odierna saggistica e letteratura, quasi un ritorno alla genesi ed alla sorte del popolo ebraico tra le pieghe delle antiche scritture, illustrando come gli scritti dell’Antico Testamento abbiano influenzato e poi assunto un'importanza centrale per la nascita e lo sviluppo delle correnti religiose che a loro volta influenzeranno gli accadimenti futuri nella terra contesa. Solo per i veramente interessati.

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