Articolo originariamente pubblicato il 29 ottobre 2016
Rieditato per questo sito il 12 settembre 2021
La mia
sezione trasversale dedicata alla meccanizzazione postale si arricchisce di
alcuni interessanti reperti, ghiotta occasione per qualche divagazione sul
tema.
Comincia
male il 1887 per l'Italia: il 26 gennaio a Dogali, in Abissinia, una
colonna di cinquecento soldati italiani, comandata dal colonnello Tommaso De
Cristoforis, è assalita da forze abissine e annientata dopo due ore di
battaglia. Nel migliore stile italiano, l'intera nazione, impegnata nella
grande avventura coloniale africana, è percorsa da un'ondata di sdegno con
dimostrazioni popolari, interventi e liti in Parlamento fra falchi e colombe.
Qualcuno urla "mai più un soldato italiano in Africa", ma alla fine
si vota per un ulteriore finanziamento, atto a proseguire l'invasione per
riscattare l'onore nazionale. Si aumenta così il prezzo del pane. Pare davvero
che, dopo quasi centocinquant'anni, poco sia davvero cambiato. Pochi giorni
prima che a Milano vada in scena la prima dell'Otello di Giuseppe Verdi e che
si firmi l'accordo anglo-italiano per preservare l'equilibrio politico militare
nel Mediterraneo, esattamente il 2 febbraio, un tal Francesco Genala, allora
Ministro Segretario di Stato dei lavori pubblici, firma un singolare decreto.

L'idea, che tale atto di Governo intendeva esprimere, era quella di
sperimentare nella capitale del Regno una nuova metodologia di
ripartizione postale, così come già s'era provveduto a fare in altre
importanti città europee che, data la dimensione metropolitana,
iniziavano a soffrire di inammissibili ritardi nell'inoltro della
corrispondenza. Si decise quindi di "ripartire" Roma in zone postali,
assegnando ad ognuna di esse una specifica dotazione di portalettere.
Non è difficile intuire che, pur collocata a livello sperimentale, una
soluzione di questo tipo potesse rappresentare un grande balzo in avanti
verso l'idea di una codifica postale, sino ad ora limitata alla suddivisione d'area dei singoli portalettere.

Il Ministro Segretario di Stato dei lavori Pubblici> considerando che
la celerità del recapito a domicilio delle corrispondenze postali, massime nelle
grandi città, costituisce uno dei pregi più essenziali del servizio postale ed
uno dei vantaggi più utili e più desiderati dal pubblico;-
ritenuto che a conseguire un tale effetto,
oltre al numero degli agenti distributori concorrono essenzialmente il metodo
del riparto delle corrispondenze in arrivo, nonché il ripartire le città in
varie zone, istituendo in ognuna di queste un ufficio succursale per il
recapito delle lettere, anziché concentrarle in un sol punto di diramazione dei
portalettere, come ora avviene;
-
volendo provvedere affinché questo miglioramento nel servizio di recapito
a domicilio possa applicarsi gradatamente alle corrispondenze dirette nelle
grandi città del Regno;
-
sulla proposta del Direttore Generale delle Poste;
decreta
Articolo 1
Per agevolare e rendere più pronto il recapito delle corrispondenze, le grandi
città saranno divise in zone distinte col titolo dei punti cardinali: Nord,
Sud, Est, Ovest e Centro, o loro iniziali corrispondenti come N. S. E. O. C.
Articolo 2
Per cura della Direzione Generale delle Poste si provvederà alla formazione
delle zone ed alla designazione delle vie e delle piazze componenti ciascuna
zona. Sarà data massima pubblicità a tale riparto affinché a poco a poco entri
nelle abitudini del pubblico di segnare sull'indirizzo della lettera, oltre
l'indicazione del domicilio e la città di residenza del destinatario, anche la
zona ove ha luogo il domicilio stesso, come per esempio: Signor N...... N......
Via Cavour, 4 Roma E.
Articolo 3
Le corrispondenze dirette nelle grandi città distinte in zone postali saranno
classificate negli ambulanti postali. Il loro recapito a domicilio sarà fatto
da portalettere avente sede presso speciali uffizi succursali stabiliti nella
zona corrispondente e possibilmente in punti centrali della zona stessa, nei
quali saranno concentrate le corrispondenze dirette agli abitanti dei rioni o
dei quartieri adiacenti agli uffizi medesimi.
Articolo 4
Le disposizioni del presente decreto avranno effetto gradatamente e di mano in
mano che saranno compiute tutte le operazioni preparatorie sia per la scelta
delle città, sia pel riparto di esse in zone, sia per l'allestimento degli
uffizi succursali donde dovranno partire le squadre dei portalettere destinati
alla distribuzione delle corrispondenze in ciascuna zona. Per Roma tale
disposizione avrà effetto non più tardi del 1° novembre prossimo venturo.
La lettura del decreto ci lascia dunque intravvedere una piccola
rivoluzione che, partendo da Roma, città teatro della sperimentazione
"cardinale", si sarebbe poi espansa alle restanti grandi città del
Paese. Le cronache però narrano di una storia differente che, tra
intoppi organizzativi e rallentamenti burocratici, spostò l'inizio della
riorganizzazione alla data del 11 febbraio 1990. In effetti ci fu un certo da fare. Si stamparono, ad esempio, un buon numero di copie di manifesti e stradari
che riportavano strade, vicoli e piazze di Roma, oltre ai principali
palazzi e stabilimenti della capitale, indicandovi accanto la zona postale di appartenenza. Quanto da esporre e rendere disponibile alla consultazione del pubblico all'interno degli uffici postali.

L'amministrazione postale del Regno d'Italia provvide anche a fornire agli uffici romani nuovi timbri, in stile tondo riquadrato, riportanti le nuove indicazioni delle zone postali,
così come previste dal decreto che le istituiva. Agli uffici,
attraverso apposita circolare, furono fornite dettagliate indicazioni
circa le informazioni da fornirsi, ovvero di ricordare di scrivere
nell'indirizzo, posto sulle missive dirette a Roma, anche la zona postale
di riferimento, rammentando che la mancanza della stessa avrebbe
obbligato l'amministrazione ad indirizzare la corrispondenza all'ufficio
di Roma Centro, generando un inevitabile ritardo nei tempi di consegna a
domicilio. Per il "ceto commerciale" valeva la preghiera di avvisare i
propri corrispondenti, italiani ed esteri, di prendere nota della nuova
codifica postale della città eterna e di provvedere ad indicarla in modo
corretto nell'indirizzo. Inevitabile, innanzi a tanta premura, che
anche il secondo traguardo temporale, fissato al novembre 1889, slittasse all'11 febbraio 1990.

Dovrà trascorrere un triennio per poter mettere un bel timbro di
"archiviato" sull'intera idea delle zone postali. L'esperimento, a dirlo
e il bollettino postale N°11 del 1890, non ha prodotto i risultati sperati. Un fallimento per dirla breve, tant'è che la sua soppressione data il 21 settembre di quello stesso 1890 che ne aveva visto l'inizio.

A nulla valsero i quasi 61 mila sacchi di corrispondenza avviati a
destino dagli uffici romani, posta diretta all'interno del Regno e
all'estero, o gli oltre 121 mila sacchi lavorati. Per Roma si scelse di
adottare la soluzione partenopea che aveva prodotto risultati migliori e
più soddisfacenti. Soluzione consistente nel trasportare i portalettere
mediante uno speciale omnibus, nei “quartieri eccentrici” per il
recapito della corrispondenza. Nulla toglie però al tentativo di aver
voluto iniziare a pensare, in
ambito postale, con logiche nuove, proiettate al futuro. La verità del
fallimento stava forse nella grande difficoltà di cambiare alcuni dogmi
che gli italiani legavano alla propria comunicazione scritta. Si pensi,
ad esempio, che all'epoca non tutti usavano indicare l'indirizzo
completo sulle lettere, omettendo talvolta persino via e numero civico,
dando quasi per scontato che l'importanza del destinatario ne avrebbe
comunque permesso il recapito. Per non parlare poi del mittente, una
sorta di violazione della sacralità del segreto epistolare che faticava
ad accettare che occhi indiscreti, inclusi quelli degli impiegati
postali, potessero conoscere la provenienza di una lettera.
Nulla toglie però al tentativo di aver voluto iniziare a pensare, in
ambito postale, con logiche nuove, proiettate al futuro. La verità del
fallimento stava forse nella grande difficoltà di cambiare alcuni dogmi
che gli italiani legavano alla propria comunicazione scritta. Si pensi,
ad esempio, che all'epoca non tutti usavano indicare l'indirizzo
completo sulle lettere, omettendo talvolta persino via e numero civico,
dando quasi per scontato che l'importanza del destinatario ne avrebbe
comunque permesso il recapito. Per non parlare poi del mittente, una
sorta di violazione della sacralità del segreto epistolare che faticava
ad accettare che occhi indiscreti, inclusi quelli degli impiegati
postali, potessero conoscere la provenienza di una lettera.

Come ho già avuto modo di scrivere, la mia divagazione sulla meccanizzazione postale
si innesta nella cronologia repubblicana, grazie all'emissione fatta
per ricordare agli italiani la messa in uso del codice di avviamento
postale, svolta epocale che ha dato vita ad un mio persone percorso che
scivola indietro ed in avanti sulla linea del tempo.
Bibliografia essenziale
- Alcide Sortino, Di bollo in
bollo, raccolta articoli da L'Annullo, www.ilpostalista.it,
(ultima consultazione 30/10/2019)
- Danilo Bogoni, Meccanizzazione, Storie di Posta Volume 8, Speciale Cronaca Filatelica
n°12
- Fusco Feri, A Roma la prima e unica mostra sulla meccanizzazione postale, novembre 2016, Il
Collezionista (Bolaffi)