La collezione nella collezione
L'evoluzione della specie.
Mentre digitalizzavo questa parte della mia collezione filatelica, per renderla parte integrante del mio progetto espositivo, cercavo anche di trovare la migliore modalità per introdurla. La genesi di questo segmento del mio percorso collezionistico è piuttosto singolare, anche se essa può inserirsi, stante le già esposte teorie sull'accomodamento (vedi pagina sull'antropologia del collezionista) in una sorta di evoluzione della specie dell'uomo raccoglitore.
Quando qualche "amico di un amico" o collega è a conoscenza della mia passione per la filografia e dunque per la filatelia, che ne è parte integrante, nella maggior parte dei casi ciò ingenera una reazione. Negli anni ho classificato tale spontaneo risvolto emotivo in tre principali cliché:
- quelli che mi osservano con smisurato stupore, talvolta emettendo un monosillabico "a" la cui traslitterazione suona come "cosa mai ci troverà in quegli insignificanti pezzi di carta";
- quelli che frugando nei meandri delle proprie connessioni sinaptiche riescono a mettere a fuoco di quando erano fanciulli e di una vecchia collezione di francobolli, probabilmente sepolta da qualche parte, messa ad ammuffire in un'umida cantina od a tostare in un'arida soffitta arroventata dal sole estivo, e che s'impegnano a portarmela quanto prima, nell'assoluta convinzione che dentro ci sia un esemplare del penny black e che io "che me ne intendo" possa certificargli l'inaspettata ricchezza;
- quelli che, e sono i più dolci e simpatici, da quando apprendono del mio vizietto per il resto della propria vita continueranno a portarmi frammenti di lettere e "francobolli souvenir" venduti ai chioschi di ogni città turistica che si rispetti.
L'idea
giusta arrivo per caso, qualche anno dopo. Era uno dei tanti mercatini delle
pulci, quelli che radunano rigattieri d'altri tempi nelle piazze assolate delle
cittadine di provincia. Scorsi le cartelle verdi con la coda dell'occhio. Erano
tre, se ne stavano in cima ad una polverosa pila di vecchie riviste anni ‘60,
nascoste alla vista da una piramide di libri di fantascienza della serie
Urania, ma ben avvolte in una di quelle borse di tela stile figli dei fiori. Ci
misi un po' ad attirare l'attenzione del venditore, intento a piazzare una
vecchia radio a valvole, ma quando le ebbi tra le mani scoprii con stupore che
all'interno vi erano contenuti anche i fogli, tra l'altro in perfette
condizioni, pur se assolutamente privi dei relativi francobolli.
Si trattava di tre cartelle e relativi fogli editi da Bolaffi nei primi anni del Duemila e venduti come la Collezione del Tricolore. Prodotta nel perfetto stile di Casa Bolaffi, che ha da sempre assegnato ai francobolli il ruolo primario di "cronisti della storia", la collezione così ideata comprende i fogli a ventidue anelli prodotti in speciale cartoncino stampato a due colori con le riproduzioni dei singoli francobolli. Completi di taschine filateliche in speciale plastica trasparente e già applicate, per consentire l’ideale conservazione dei valori. Corredano l'insieme, per ogni annata, schede storiche redatte da importanti giornalisti ed illustrate con fotografie che raccontano gli episodi salienti di quegli anni. Il tutto ben alloggiato negli album in similpelle verde con sovrimpressioni color oro.
Ci mettemmo un po' per accordarci, ma alla fine spuntai un prezzo
davvero interessante e cominciai da intravvedere una nuova vetrina per
quei valori lasciati per anni in un cassetto. Una quarta cartella, con tanto di
fogli, la trovai su un sito di annunci qualche settima dopo. L'insieme di
cartelle e fogli che avevo così strutturato comprendeva il periodo 1955 - 1989.
Trovata la nuova vetrina per dare il giusto risalto ai francobolli, la cui evoluzione li ha visti passare dai piccoli classificatori ai nuovi fogli che avevo reperito, si trattava ora di darle un senso in quel contesto espositivo che io considero un unicum, un vero percorso virtuale nel mio personale museo filatelico e postale.
Lo spunto me
lo ha offerto, ancora una volta, un museo vero: il Museo di Storia Naturale
di Verona, la cui sede è Palazzo Pompei, uno degli edifici più importanti
dal punto di vista storico e architettonico della città. Commissionato dalla
ricca famiglia Lavezzola, tra gli anni 1530 e 1550, al geniale architetto
Michele Sanmicheli, divenne successivamente proprietà della famiglia Pompei e
nel 1833 il conte Alessandro Pompei lo donò al Comune di Verona per accogliere
esposizioni, raccolte d'arte e collezioni scientifiche di notevole prestigio e
importanza della città. Nelle ampie stanze del palazzo trovano oggi posto
sedici sale espositive, una di queste ospita il Museo di Storia
Naturale della Romagna che, creato da Pietro Zangheri, rappresenta la più
completa documentazione sulla flora e sulla fauna di una regione italiana ed è
descritto nella sua particolarità come un “museo conservato in un altro
museo”.
Così s'inserisce oggi la mia Collezione del Tricolore: un percorso di visita a se stante in quel più ampio itinerario repubblicano che ho allestito album dopo album e che rappresenta il mio essere raccoglitore prima, accomodatore poi, secondo la già citata teoria che per un collezionista è fondamentale sperimentare il processo della conoscenza attraverso gli oggetti che egli mette insieme e che il processo di apprendimento assume una dimensione plastica nel momento in cui le categorie e le sottocategorie sono fisicamente evidenziate, disponendo gli oggetti in serie di album (le teche virtuali), la cui collocazione o disposizione muta ogni qualvolta lo schema della collezione è ristrutturato.
Sembra un
discorso complesso, ma in fondo tale forma di evoluzionismo collezionistico
esiste da sempre ed è forse l'elemento che ha tenuto viva la voglia di
collezionare nell'arco degli anni. Se è vero, infatti, che gli anni Sessanta
del Novecento hanno visto il passaggio dalla collezione
"sistematica", cronologica nel suo assetto, alla più articolata
commistione con la storia postale, ovvero lo studio e la ricerca del documento
integro con tutte le sue caratteristiche, non si può non notare che gli anni
Settanta hanno visto l'affermarsi della collezione tematica, l'illustrazione di
argomenti di proprio interesse attraverso materiali filatelici, di marcofilia e
storia postale. Maggiore interesse, negli anni a seguire, ha poi rappresentato
l'aerofilatelia, ma anche gli studi sulle specializzazioni delle singole
emissioni, sino ad arrivare ai giorni nostri in cui la filografia, lo
studio della parola scritta, ha finito per richiamare a sé anche tutte quelle
discipline filateliche che, apparentemente indipendenti, diventano
interconnesse in quadro più ampio che vuole documentare il rapporto tra l'uomo
e il suo modo di comunicare.
Detto questo vale come sempre l'invito a visitare il mio percorso
collezionistico. Aggiungo subito, per correttezza d'informazione, che la
Collezione del Tricolore è tuttora edita da Bolaffi che la pone in vendita (in
questo caso con anche i francobolli) anche sul suo sito CollectorClub.