La collezione nella collezione

Articolo originariamente pubblicato il 4 aprile 2016
Rieditato per questo sito il 11 settembre 2021


L'evoluzione della specie.
Mentre digitalizzavo questa parte della mia collezione filatelica, per renderla parte integrante del mio progetto espositivo, cercavo anche di trovare la migliore modalità per introdurla. La genesi di questo segmento del mio percorso collezionistico è piuttosto singolare, anche se essa può inserirsi, stante le già esposte teorie sull'accomodamento (vedi pagina sull'antropologia del collezionista) in una sorta di evoluzione della specie dell'uomo raccoglitore.

Quando qualche "amico di un amico" o collega è a conoscenza della mia passione per la filografia e dunque per la filatelia, che ne è parte integrante, nella maggior parte dei casi ciò ingenera una reazione. Negli anni ho classificato tale spontaneo risvolto emotivo in tre principali cliché:

  1. quelli che mi osservano con smisurato stupore, talvolta emettendo un monosillabico "a" la cui traslitterazione suona come "cosa mai ci troverà in quegli insignificanti pezzi di carta";
  2. quelli che frugando nei meandri delle proprie connessioni sinaptiche riescono a mettere a fuoco di quando erano fanciulli e di una vecchia collezione di francobolli, probabilmente sepolta da qualche parte, messa ad ammuffire in un'umida cantina od a tostare in un'arida soffitta arroventata dal sole estivo, e che s'impegnano a portarmela quanto prima, nell'assoluta convinzione che dentro ci sia un esemplare del penny black e che io "che me ne intendo" possa certificargli l'inaspettata ricchezza;
  3. quelli che, e sono i più dolci e simpatici, da quando apprendono del mio vizietto per il resto della propria vita continueranno a portarmi frammenti di lettere e "francobolli souvenir" venduti ai chioschi di ogni città turistica che si rispetti.

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Detto questo, capita però che talvolta qualcuno arrivi e ti porga un vecchio album, di quelli con le strisce in pergamino, contenenti un insieme confuso di valori dentellati, il più delle volte accatastati senza una logica precisa, se non quella di raccogliere e mettere i francobolli in fila indiana. "Prendilo tu, tanto a me non interessa" o "l'ho trovato in un cassetto del mio povero zio e finirei con il buttarlo". È un gesto questo che non va snobbato. Anzi, è il segno che il proprio interlocutore ha colto in chi gli sta innanzi un vero interesse, differente dai propri, ma realmente appassionato.

Con questo gesto, alcuni anni fa, fu proprio un "amico di un amico" che mi si presentò con una scatola contenente alcuni piccoli classificatori, di quelli con le copertine rosse, verdi o blu. All'interno, in ordine sparso, un buon insieme, con molti multipli dei medesimi valori, di obliterati repubblicani. Li accettai volentieri e nel processo di sedimentazione di tutto quello che non consideriamo prioritario, finirono per essere archiviati in un cassetto. Subirono il medesimo trattamento dell'immenso patrimonio artistico e culturale che giace in letargo nei depositi dei nostri musei nazionali. Un paio di anni dopo, nel ricercare alcuni francobolli che avevo promesso a mio figlio, ecco spuntare quella collezione.

C'era l'odore dei tigli che impregnava l'aria di una primavera precoce, la sera era di quelle tranquille e stimolanti. Iniziai l'operazione di riordino, cominciai a spostare, raddrizzare, riposizionare, giusto per dare all'insieme un senso cronologico. Un'operazione che mi impegnò per alcune giornate e che mi consentì di riscoprire le emissioni dei primi anni della repubblica come un periodo denso di missive, di emozioni, propositi, idee da comunicare, giacché i francobolli in questione erano tutti viaggiati, differentemente da quelli di cui già mi ero occupato. Poi di nuovo tornò l'oblio. In verità non mi dimentico mai dei miei "tesori" sepolti e non ancora esposti, mi limito ad attendere quell'idea che mi consenta di valorizzarli, magari armonizzandoli nel contesto generale del mio percorso espositivo: la cronologia repubblicana nei suoi primi decenni era già ben rappresentata da valori nuovi e da diversi fuoriprogramma di approfondimento.

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L'idea giusta arrivo per caso, qualche anno dopo. Era uno dei tanti mercatini delle pulci, quelli che radunano rigattieri d'altri tempi nelle piazze assolate delle cittadine di provincia. Scorsi le cartelle verdi con la coda dell'occhio. Erano tre, se ne stavano in cima ad una polverosa pila di vecchie riviste anni ‘60, nascoste alla vista da una piramide di libri di fantascienza della serie Urania, ma ben avvolte in una di quelle borse di tela stile figli dei fiori. Ci misi un po' ad attirare l'attenzione del venditore, intento a piazzare una vecchia radio a valvole, ma quando le ebbi tra le mani scoprii con stupore che all'interno vi erano contenuti anche i fogli, tra l'altro in perfette condizioni, pur se assolutamente privi dei relativi francobolli.

Si trattava di tre cartelle e relativi fogli editi da Bolaffi nei primi anni del Duemila e venduti come la Collezione del Tricolore. Prodotta nel perfetto stile di Casa Bolaffi, che ha da sempre assegnato ai francobolli il ruolo primario di "cronisti della storia", la collezione così ideata comprende i fogli a ventidue anelli prodotti in speciale cartoncino stampato a due colori con le riproduzioni dei singoli francobolli. Completi di taschine filateliche in speciale plastica trasparente e già applicate, per consentire l’ideale conservazione dei valori. Corredano l'insieme, per ogni annata, schede storiche redatte da importanti giornalisti ed illustrate con fotografie che raccontano gli episodi salienti di quegli anni. Il tutto ben alloggiato negli album in similpelle verde con sovrimpressioni color oro.

Ci mettemmo un po' per accordarci, ma alla fine spuntai un prezzo davvero interessante e cominciai da intravvedere una nuova vetrina per quei valori lasciati per anni in un cassetto. Una quarta cartella, con tanto di fogli, la trovai su un sito di annunci qualche settima dopo. L'insieme di cartelle e fogli che avevo così strutturato comprendeva il periodo 1955 - 1989.

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Trovata la nuova vetrina per dare il giusto risalto ai francobolli, la cui evoluzione li ha visti passare dai piccoli classificatori ai nuovi fogli che avevo reperito, si trattava ora di darle un senso in quel contesto espositivo che io considero un unicum, un vero percorso virtuale nel mio personale museo filatelico e postale.

Lo spunto me lo ha offerto, ancora una volta, un museo vero: il Museo di Storia Naturale di Verona, la cui sede è Palazzo Pompei, uno degli edifici più importanti dal punto di vista storico e architettonico della città. Commissionato dalla ricca famiglia Lavezzola, tra gli anni 1530 e 1550, al geniale architetto Michele Sanmicheli, divenne successivamente proprietà della famiglia Pompei e nel 1833 il conte Alessandro Pompei lo donò al Comune di Verona per accogliere esposizioni, raccolte d'arte e collezioni scientifiche di notevole prestigio e importanza della città. Nelle ampie stanze del palazzo trovano oggi posto sedici sale espositive, una di queste ospita il Museo di Storia Naturale della Romagna che, creato da Pietro Zangheri, rappresenta la più completa documentazione sulla flora e sulla fauna di una regione italiana ed è descritto nella sua particolarità come un “museo conservato in un altro museo”.

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Così s'inserisce oggi la mia Collezione del Tricolore: un percorso di visita a se stante in quel più ampio itinerario repubblicano che ho allestito album dopo album e che rappresenta il mio essere raccoglitore prima, accomodatore poi, secondo la già citata teoria che per un collezionista è fondamentale sperimentare il processo della conoscenza attraverso gli oggetti che egli mette insieme e che il processo di apprendimento assume una dimensione plastica nel momento in cui le categorie e le sottocategorie sono fisicamente evidenziate, disponendo gli oggetti in serie di album (le teche virtuali), la cui collocazione o disposizione muta ogni qualvolta lo schema della collezione è ristrutturato.

Sembra un discorso complesso, ma in fondo tale forma di evoluzionismo collezionistico esiste da sempre ed è forse l'elemento che ha tenuto viva la voglia di collezionare nell'arco degli anni. Se è vero, infatti, che gli anni Sessanta del Novecento hanno visto il passaggio dalla collezione "sistematica", cronologica nel suo assetto, alla più articolata commistione con la storia postale, ovvero lo studio e la ricerca del documento integro con tutte le sue caratteristiche, non si può non notare che gli anni Settanta hanno visto l'affermarsi della collezione tematica, l'illustrazione di argomenti di proprio interesse attraverso materiali filatelici, di marcofilia e storia postale. Maggiore interesse, negli anni a seguire, ha poi rappresentato l'aerofilatelia, ma anche gli studi sulle specializzazioni delle singole emissioni, sino ad arrivare ai giorni nostri in cui la filografia, lo studio della parola scritta, ha finito per richiamare a sé anche tutte quelle discipline filateliche che, apparentemente indipendenti, diventano interconnesse in quadro più ampio che vuole documentare il rapporto tra l'uomo e il suo modo di comunicare.

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Detto questo vale come sempre l'invito a visitare il mio percorso collezionistico. Aggiungo subito, per correttezza d'informazione, che la Collezione del Tricolore è tuttora edita da Bolaffi che la pone in vendita (in questo caso con anche i francobolli) anche sul suo sito CollectorClub.