Incontri generazionali lungo il percorso
Rieditato per questo sito il 10 settembre 2021
Alcune righe che mi obbligano a fare un passo indietro per raccontare che i miei esordi sono stati certamente assai più classici, quelli del collezionismo da casella. Solo successivamente, negli anni a seguire, nel tentativo (insano, ma fisiologico) di trasmettere qualcosa dei propri interessi ai figli, mi apparve chiaro che mancava per loro una chiave di lettura interpretabile per capire, per orientarsi, per godere della bellezza e della storia di quanto avevo raccolto. La prima risposta di mia figlia, nel guardare distrattamente la mia collezione, fu laconica: "che ci vuole, basta avere molti soldi e ti compri la collezione più bella che c'è". Immaginate la mia delusione. Mai, quindi, riflessione fu più necessaria che in quel frangente.
Quel modo di
esporre i miei reperti era dunque un percorso museale autocelebrativo?
Eppure non erano
diamanti seppelliti sotto una manciata di sassi. Una logica nel mostrarsi gli
era stata data. Il problema era che quell'itinerario era stato creato per chi
già conosceva il percorso a memoria. Immaginatelo come una serie di ceramiche
monocromatiche di differenti popolazioni e di differenti periodi storici
esposti in bellissime vetrine, ma privi di tabelle e di una scenografia museale
atta a collocarle nel tempo e nello spazio, una collezione fatta per soddisfare
il piacere di un ristretto numero di addetti ai lavori. Più adatto ad una
comitiva di archeologi in pensione che ad una classe di studenti in gita
culturale. Mi domandai se era veramente inconscio quel tentativo di renderla
esoterica, elitaria.
All'epoca
non insistetti, ma ci ripensai per molto tempo. Poi, durante un lungo volo
aereo, mi trovai a rispondere a raffica a domande di mia figlia sui quesiti
delle parole incrociate, quelle della "settimana enigmistica" tanto
per intenderci: poeti, economisti, pittori, uomini e donne perduti tra le pieghe
del tempo. Personaggi un tempo importanti, esaltati dalle cronache, di cui oggi
solo i francobolli rammentano il nome e le opere. Lei ne restò sorpresa... e
anch'io. La fiammella si riaccese qualche mese dopo quando, nel cercare un approccio
originale ad un lavoro scolastico di gruppo sulla Seconda Guerra Mondiale
proposi, senza aspettarmi troppa attenzione, di ricorrere ai francobolli. Idea
accolta con scetticismo, ma accolta. Risultato di un certo successo. Non che
mia figlia sia diventata una collezionista, lei no, ma un suo compagno di
classe è rimasto intrappolato e mi consulta tutt'ora per la sua collezione
sulla II Guerra Mondiale. I francobolli davvero potevano raccontare una
storia chi di filatelia non ne sapeva nulla! Bastava collocarli in un percorso
espositivo ripensato a differenti visitatori?
Ecco la mia prima presa di coscienza e con essa l'inizio di una nuova idea espositiva. Che si è evoluta. Tanto che ora, questa volta con mia apprensione, da quando mia figlia si degna di sfogliare i miei album, ora più contestualizzabili per lei nel mondo reale (apriti cielo), ho inserito nelle schede dei miei album anche elementi più tecnici di filatelia (la filigrana, la dentellatura, ...).
Con il più piccolo dei figli dai dinosauri dentellati siam
passati alle Olimpiadi, ma c'è ancora tanta strada da fare per sdoganare una
grande passione da quell'idea un po' ingessata che il collezionismo d'altri
tempi ci ha tramandato. Il mondo cambia e forse anche i collezionisti.