Incontri generazionali lungo il percorso

Articolo originariamente pubblicato il 14 novembre 2015
Rieditato per questo sito il 10 settembre 2021


In un recente intervento sul forum di Filatelia e Francobolli dove ho presentato la mia collezione e la mia idea di racconto, e quindi di viaggio tra e con i reperti filatelici e postali, nel cercare di mettere a fuoco il perchè di alcune scelte di natura divulgativa, certamente poco in sintonia con l'idea che "è il pezzo che deve parlare", ho raccontato di un incontro tra generazioni svoltosi nel recinto dentellato dei francobolli. Un breve intervento che ripropongo su questo blog.

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Alcune righe che mi obbligano a fare un passo indietro per raccontare che i miei esordi sono stati certamente assai più classici, quelli del collezionismo da casella. Solo successivamente, negli anni a seguire, nel tentativo (insano, ma fisiologico) di trasmettere qualcosa dei propri interessi ai figli, mi apparve chiaro che mancava per loro una chiave di lettura interpretabile per capire, per orientarsi, per godere della bellezza e della storia di quanto avevo raccolto. La prima risposta di mia figlia, nel guardare distrattamente la mia collezione, fu laconica: "che ci vuole, basta avere molti soldi e ti compri la collezione più bella che c'è". Immaginate la mia delusione. Mai, quindi, riflessione fu più necessaria che in quel frangente.

Quel modo di esporre i miei reperti era dunque un percorso museale autocelebrativo?
Eppure non erano diamanti seppelliti sotto una manciata di sassi. Una logica nel mostrarsi gli era stata data. Il problema era che quell'itinerario era stato creato per chi già conosceva il percorso a memoria. Immaginatelo come una serie di ceramiche monocromatiche di differenti popolazioni e di differenti periodi storici esposti in bellissime vetrine, ma privi di tabelle e di una scenografia museale atta a collocarle nel tempo e nello spazio, una collezione fatta per soddisfare il piacere di un ristretto numero di addetti ai lavori. Più adatto ad una comitiva di archeologi in pensione che ad una classe di studenti in gita culturale. Mi domandai se era veramente inconscio quel tentativo di renderla esoterica, elitaria.

All'epoca non insistetti, ma ci ripensai per molto tempo. Poi, durante un lungo volo aereo, mi trovai a rispondere a raffica a domande di mia figlia sui quesiti delle parole incrociate, quelle della "settimana enigmistica" tanto per intenderci: poeti, economisti, pittori, uomini e donne perduti tra le pieghe del tempo. Personaggi un tempo importanti, esaltati dalle cronache, di cui oggi solo i francobolli rammentano il nome e le opere. Lei ne restò sorpresa... e anch'io. La fiammella si riaccese qualche mese dopo quando, nel cercare un approccio originale ad un lavoro scolastico di gruppo sulla Seconda Guerra Mondiale proposi, senza aspettarmi troppa attenzione, di ricorrere ai francobolli. Idea accolta con scetticismo, ma accolta. Risultato di un certo successo. Non che mia figlia sia diventata una collezionista, lei no, ma un suo compagno di classe è rimasto intrappolato e mi consulta tutt'ora per la sua collezione sulla II Guerra Mondiale. I francobolli davvero potevano raccontare una storia chi di filatelia non ne sapeva nulla! Bastava collocarli in un percorso espositivo ripensato a differenti visitatori? 

Ecco la mia prima presa di coscienza e con essa l'inizio di una nuova idea espositiva. Che si è evoluta. Tanto che ora, questa volta con mia apprensione, da quando mia figlia si degna di sfogliare i miei album, ora più contestualizzabili per lei nel mondo reale (apriti cielo), ho inserito nelle schede dei miei album anche elementi più tecnici di filatelia (la filigrana, la dentellatura, ...).

Con il più piccolo dei figli dai dinosauri dentellati siam passati alle Olimpiadi, ma c'è ancora tanta strada da fare per sdoganare una grande passione da quell'idea un po' ingessata che il collezionismo d'altri tempi ci ha tramandato. Il mondo cambia e forse anche i collezionisti.