Il tailleur grigio di Andrea Camilleri. Un noir intimo fatto di sensualità, passione e rassegnazione

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Avvertenza
Valutazione e recensione sono frutto del mio personale gusto individuale, delle mie preferenze letterarie, così come la valutazione che assegno. E' quindi più che comprensibile, anzi auspicabile, che molti non la pensino come me. Detto ciò: ogni libro è fatto per essere letto.


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La mia valutazione su questo libro:
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L’anima siciliana di Camilleri non si smentisce mai, ancor più quando ciò che ci racconta non ha niente a che vedere con i suoi personaggi più celebri, quelli del commissariato di Vigata, diretto appunto dal commissario Montalbano. Resta però sempre e comunque quel detto, non detto, quel modo tutto isolano di saper leggere tra le righe, quel fatalismo d’altri tempi che evapora nella calura estiva. E c’è sempre quella sottile e sensuale passione verso una femminilità avvolgente, ma mai scomposta dei personaggi che la incarnano, quelli che fanno girare la testa all’aiutante di Montalbano, lo sciupafemmine Domenico Augello.
La sinossi del romanzo, già svelata dalla quarta di copertina, è presto detta: nel corso della sua lunga e stimata carriera di funzionario di banca, il primo protagonista in ordine di apparizione ha ricevuto tre lettere anonime. Le prime due sono di parecchi anni fa, l’ultima è recente ed insinua dubbi sulla fedeltà della sua giovane e bellissima seconda moglie, Adele. Il problema è che ora egli è in pensione e ha fin troppo tempo per pensare e per soppesare, per mettere sotto la lente ciò che sapeva e che ha preferito fingere di non sapere, ciò che ha rappresentato e rappresenta ora quella moglie di tanti anni più giovane di lui, conosciuta quando il di lei marito l’aveva lasciata vedova con ancora addosso un castigato tailleur grigio.

Adele però non è una femmina qualunque. La sua infanzia, il suo passato la rendono affetta da un cinico, calcolato doppio binario della personalità. Da un lato la recita della moglie morigerata e affettuosa secondo i canoni dell’apparire nella società bene siciliana che ella frequenta, dall’altro la donna che mente con meticolosa precisione, che copre le sue tracce in un’articolata rete di relazioni in cui sa alternare in modo perfetto sicurezza e carattere con irresistibile femminea vulnerabilità. Una donna con capacità seduttive tali da anestetizzare l’orgoglio di chi, tradito, consapevolmente finirà quasi per accettarlo, il prezzo da pagare per averla al proprio fianco e godere del narcisistico piacere che essa prova quando si offre alle suggestioni del proprio corpo, senza in fondo concedersi fino al fondo al consorte che la spazzola, la ammira, la respira, la osserva incantato, ma poi deve rientrare nel ruolo dell’escluso, accontentandosi di un rito succedaneo ad una smarrita alba coniugale fatta di passione, di sesso, di gemiti e sudore tra le lenzuola.

Di fatto, questo è l’incantesimo di Adele, ma è anche la prigione dei suoi sensi di animale in una gabbia dorata, comoda ma stretta, quella che la obbliga ad evadere dal talamo nuziale, a stordirsi di sessualità pura, non disdicendo nemmeno di concedersi a se stessa, pur di provare l’intenso piacere dell’estasi. Un piacere in cui l’autore pone però qualche ombra, un possibile alibi, l’idea di un’anima incompleta: “Io sono come un deserto. Anche se viene innaffiato, non ci nascerà mai un’oasi”, confida Adele al marito in una delle loro prime conversazioni.

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Tutto questo Camilleri ce lo racconta con garbo signorile, con le sue solite espressioni dialettali, con una ritmica impeccabile, intrecciando affari con malaffari, senza mai scadere nella volgarità, ponendo l’accento sulla condizione umana di un uomo che sente tutto il peso di una relazione in cui una rimarchevole differenza d’età il tempo ha fatto lievitare. Tutto ciò in un’atmosfera che diventa sempre più noir, dove l’intrigo annoda tra di loro sempre più personaggi e disegna inquietanti zone d’ombra che fanno crescere la tensione emotiva in chi legge. Sino al colpo di scena finale (che non vi racconto, ma che non è poi così imprevedibile) in cui a far capolino tra le righe è il castigato tailleur grigio.

Adele resta fino in fondo la vera protagonista. Ed è forse per questo che il nostro funzionario di banca in pensione non ha un nome. Qualche recensore distratto gli ha affibbiato le generalità di un direttore di filiale che compare proprio nelle prime pagine del libro (pag.12 Best Seller Mondadori), tal Febo Germosino, ma si tratta di grossolano errore ripetuto poi sulla rete all’infinito da chi pensa che per recensire un libro basti guardarlo! Se l’attenzione di chi legge non è distratta dalle forme conturbanti di Adele, ci si accorge di qualche inciampo: il protagonista, durante un malore, ricorda la sua broncopolmonite di bambino (pag. 71), salvo poi affermare di non avere mai sofferto di problemi ai polmoni durante il colloquio con un medico. Al contempo Adele, nel gestire la tresca col nipote, lo spaccia come studente in legge (pag. 40), ma poi salta fuori che la facoltà a cui è iscritto è quella di medicina (pag. 108). E qualche altra imprecisa piccolezza punteggia il flusso delle parole, ma poco importa di qualche incongruenza se questo libro ci regala qualche ora di piacevole lettura.