Articolo originariamente pubblicato il 10 marzo 2016
Rieditato per questo sito il 11 settembre 2021
La prima sala di un percorso museale rappresenta, per
sua natura, una sorta di porta magica. L’inizio di un viaggio attraverso il
tempo e lo spazio che i reperti che vi sono esposti intendono oggettivare.
L’aver finalmente dato un corpo al primo album del mio itinerario
repubblicano è stato per me come riallestire quella prima sala, quello
spazio espositivo ove tutto ha inizio. Un principio rappresentato nello
specifico da quella che, dal punto di vista filatelico, è considerata la prima
serie ordinaria della Repubblica Italiana, ma che, allo stesso tempo, è anche
l’ultima del Regno d’Italia, giacché la prima parte di essa, quattordici francobolli
di posta ordinaria (con valore tra 10 centesimi e 50 lire), è stata emessa il 1°
ottobre 1945. Da poco cessate le ostilità, liberato il Paese, nell'Italia
che rinasce dalle sue macerie, il segnale di rottura con il passato è quanto
mai necessario, anche in ambito postale. Servono nuovi francobolli che
sostituiscano quelli in circolazione appartenenti, anche nella loro
rappresentazione figurativa, ad una Italia monarchica e fascista, spettro del
passato e della guerra.

Sulla serie Democratica esistono straordinari e raffinati percorsi
collezionistici. Alcuni si focalizzano sulla pura cronologia degli
eventi,
sulle date importanti, altri si concentrano sulla storia postale
affrontando
analisi sugli utilizzi tariffari, piuttosto che sulle destinazioni o
ancora
sugli usi singoli dei vari valori. C’è chi, ad esempio, ha proposto,
attraverso
la Democratica, la storia del Re di Maggio, ultimo fugace bagliore
monarchico
del nostro Paese. Io disponevo solo di qualche scatola di buste e
cartoline del
periodo e per un lungo periodo di tempo ho pensato a quelle missive come
ad una
sorta di deposito di scarso valore documentario. Dimenticando per un
attimo quella sorta di creativa follia che anima noi collezionisti
raccoglitori.
Ovvero quella straordinaria capacità di creare connessioni, di mettere in
rapporto differenti dimensioni: il passato con il presente, il centro con il
mondo periferico, l’oblio e la memoria. Come qualcun altro ha avuto modo di
scrivere, i collezionisti “sciolgono l’oggetto da tutte le sue funzioni
originarie per metterlo in rapporto più stretto possibile con gli oggetti lui
simili” rovesciando i rapporti di potere e proprietà. Solo così quegli oggetti
divengono desiderabili e desiderati proprio per quella società che se n’è
liberata e che ritorna ad osservarli in una nuova prospettiva ed a scoprirne il
significato nella dimensione inedita nella quale sono collocati, esposti,
raccontati dal collezionista stesso.
Se tale
concetto dilagasse anche ai depositi o alle cantine dei nostri musei,
grazie al
patrimonio culturale ed artistico del nostro Bel Paese, allora potremmo
vivere
solo esponendo ciò che abbiamo raccolto. In fondo quelle due scatole di
corrispondenze di cui disponevo erano come un piccolo deposito di un
nostro
museo, marginale per le opere esposte, ma certamente in grado di dare
vita a
percorsi alternativi. Non dobbiamo mai dimenticare che in nazioni più
affamate di reperti e di
storia, sarebbero felici di allestire un piccolo museo con qualche
nostro polveroso scatolone di storia dimenticata in una cantina. Non che
qualcuno non ci abbia pensato: la Pinacoteca di Brera ha
integrato i reperti di un magazzino nel percorso di visita, il Museo
archeologico di Napoli propone nelle sale espositive una selezione di
ciò che
non si vede. Anche i marmi romani dell’Età dell’equilibrio sono stati
recuperati dai depositi per dare vita a mostre specifiche, così come le
opere
esposte alla Galleria degli Uffizi per l’esposizione “L’Alchimia e le
arti”. Il patrimonio in letargo nei
depositi è immenso. Ha provato a conteggiarlo la Corte dei Conti nel
2011,
scoprendo che non esiste né una stima dei reperti né una banca dati
completa
dei beni culturali statali, e ipotizzando che ciascun deposito dei 4.764
musei
italiani (fonte Mibac) potrebbe contenere almeno lo stesso numero delle
opere
esposte.
Allora, ho pensato, forse da quelle due grosse scatole di
buste, carte, cartoline affrancate con i valori della serie Democratica, nel mio immensamente piccolo, avrei
potuto dare corpo a quel primo album, a quella sala da cui tutto inizia. Lasciando
da parte ogni deriva accademica, non era mia intenzione sviluppare uno studio
specializzato, ho ridisegnato nella mia mente più di un percorso espositivo. Ho
spostato e rispostato buste, inserito e tolto fogli, tracciato percorsi in una
o nell'altra direzione, senza riuscire però a trovare la risposta che cercavo.
Ad offrirmela la risposta è stato un piccolo museo che con la filatelia
o la storia postale non ha nulla a che fare. La “Casa di eredità
vivente”, traduzione letterale dallo sloveno di Hiša žive dediščine,
sorge al posto della
vecchia Scuola elementare di Bela Cerkev. L'ideatore del progetto è
stato il
comune di Šmarješke Toplice in collaborazione con il Museo nazionale
della
Slovenia, il Museo della Dolenjska e gli operatori turistici operanti
nella
zona di Šmarješke Toplice. Realizzato nel 2015 è stato finanziato dalle
sovvenzioni europee a fondo perduto tramite il Ministero della cultura.
All'interno, in un’unica sala, è collocato un percorso espositivo
dedicato all'archeologia
della zona.
Pochi
reperti per conoscere il passato della regione partendo dalla preistoria
attraverso l'età antica fino alla migrazione dei popoli. Pochi pezzi, ben
esposti, con un punto di inizio rappresentato da un gioiello permeato di
fascino e mistero, l’orante, accanto al quale per analogia compare in
grafica l’uomo vitruviano di Leonardo Da Vinci. Il segreto, dunque non è nella
dimensione espositiva, così come può non essere la rarità o l’unicità di un
reperto a renderla interessante.
Il
collezionista può operare una scelta, una selezione, una lettura personale con
cui raccontare e trasmettere la propria storia, un racconto che si va a collocare,
con un proprio stile, dentro i quadri della vicenda generale e condivisa,
arricchendola così di sfumature nuove.
Così è stato per questo mio piccolo contributo alla serie Democratica ed al mio
intero percorso repubblicano, una prima sala che vi invito a visitare.
Bibliografia essenziale
- AA.VV, L'alchimia e le arti, I Mai Visti, XII, ebook, Ed. Sillabe
- AA.VV, Minicifre della cultura 2014, Ufficio Studi Beni Culturali, 2014