Il più grande uomo scimmia del Pleistocene di Roy Lewis. Oltre il divertimento

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Avvertenza
Valutazione e recensione sono frutto del mio personale gusto individuale, delle mie preferenze letterarie, così come la valutazione che assegno. E' quindi più che comprensibile, anzi auspicabile, che molti non la pensino come me. Detto ciò: ogni libro è fatto per essere letto.


⭐ Sufficiente - ⭐ ⭐ Più che discreto - ⭐ ⭐ ⭐ Buono
⭐ ⭐ ⭐ ⭐ Ottimo - ⭐ ⭐ ⭐ ⭐ ⭐ Eccellente


La mia valutazione su questo libro:

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Non fatevi trarre in inganno dal titolo pomposamente accademico: non è un trattato di paleontologia o una dissertazione sull’evoluzionismo. Nemmeno deve portarci fuori strada l’anno in cui il manoscritto di Roy Lewis ha visto le stampe: il 1960. Lo stile letterario e il ritmo del racconto di questo giornalista inglese è passato indenne attraverso il naturale processo di deperimento di ogni cosa, ha rincorso intere ere geologiche, anzi pare aver tratto vantaggio dalla patina del tempo, ne ha guadagnato il gusto armonico e rassicurante di un doppio malto invecchiato in botte. Il libro vanta, infatti, diverse edizioni in lingua originale con titoli che, nel corso degli anni sono mutati a più riprese: “Once Upon an Ice Age”, “What We Did to Father” e “The Evolution Man – Or, How I Ate My Father”. Non dobbiamo dimenticare che l’opera di Lewis fu inizialmente pubblicata come sei distinti episodi.

Detto ciò, e ne ho quasi la certezza dopo la terza rilettura del libro, “Il più grande uomo scimmia del Pleistocene” continua a far divertire un mondo il lettore. “Il libro che avete fra le mani è uno dei più divertenti degli ultimi cinquecentomila anni”, lo ha scritto nella prefazione dell’edizione Adelphi 1992 Terry Pratchett, scrittore britannico, noto per i suoi romanzi di fantasy umoristico. La sua satira, la leggerezza con cui ci conduce per mano nell'Africa centrale del tardo Pleistocene, sono i tratti distintivi che hanno eletto questo libro a “indispensabile” in una libreria che si rispetti. Il celebre biologo e naturalista Théodore Monod scrisse all’autore per segnalare un paio di errori tecnici, ma precisò che non importavano un accidente, perché la lettura del libro l’aveva fatto ridere così tanto che era caduto da un cammello nel bel mezzo del Sahara.

Come sempre nel raccontare le mie impressioni, cercherò di mantenere un certo riserbo su come si svolge la storia, nulla svelo però nel dire che il “racconto dell’Uomo” parte da gente come noi, del Pleistocene certo, ma cavernicoli qualunque, un branco di ominidi che come ogni brava famiglia cerca di sopravvivere tra gli impegni quotidiani, nei rapporti sociali con i vicini, nella rincorsa con il progresso e con le sue promesse su una vita migliore, più agiata forse, ma certo non meno complicata. Di questa divertente famigliola un aiuto ci viene da dentro: a fare da voce narrante omodiegetica è infatti Ernest, il figlio del principale interprete: Edward, uomo visionario nella sua epoca, giusto ed idealista, convinto di poter costruire una società migliore.

Edward è il leader del branco, instancabile curioso, osservatore attento del mondo che lo circonda, inventore straordinario, scopritore del fuoco e quindi apripista di un nuovo orizzonte di civiltà, oltre che precursore di un radicale rinnovamento della cucina preistorica che dal sushi passa direttamente all’arrosto. Una personalità generosa e aperta verso gli altri. Talmente proiettato ad una nuova architettura sociale da concepire come accettabile, anzi auspicabile, l’idea di una moglie fuori dal clan, quasi un tabù in una Rift Valley secolarmente incestuosa ed ora percorsa dai fremiti dell’evoluzione umana. A fare le spese di questa nuova e pazza idea del rimescolamento dei geni sarà Elsie, la sorella del narratore, costretta a cambiare il suo promesso sposo che la tradizione voleva fosse proprio il fratello.

Non tutti la pensano però come Edward! Il primo oppositore del futuro uomo vitruviano è il fratello, nel romanzo lo Zio Vania, un arboricolo assai poco socievole che nel progresso e quindi nell’evoluzione non vede un’opportunità, ma un pericolo. Egli è il degno rappresentante di quella generazione boomers della preistoria che rifiuta la postura eretta, quasi essa sia il preludio all’estinzione di uno status quo consolidato in centinaia d’anni e ridicolizzi il ricordo degli antenati scimmieschi. Per nulla irretito dal progresso, egli è dunque un negazionista per eccellenza. Ripudia ciò che il fratello osserva e scopre, salvo poi sfruttare ciò che di quanto è nuovo gli offre agio nella vita quotidiana e porre in chiara evidenza una buona dose di opportunismo sapientemente mescolato all’ipocrisia.

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Di ogni componente della famigliola, la storia di Lewis, mette in luce i tratti caratteriali che ci paiono divertenti più che mai, in quanto di un’attualità sconcertante, quasi a sottolineare che se l’essere umano si è evoluto, nulla è però cambiato poi nella gestione delle istanze individuali, nelle relazioni con altri simili, nelle aspirazioni e nelle paure del diverso. Se un altro fratello di Edward, Zio Ian, non s’accontenta più degli orizzonti domestici e la sua passione per il viaggio e l’esplorazione del pianeta quasi anticipa il senso delle grandi migrazioni, Grisenda, la moglie del già citato Vania, incarna l’umano egoismo: non è contraria alle innovazioni prodotte dalle scoperte, ma è poco propensa alla condivisione delle stesse fuori dal clan per paura di offrire ad altri il vantaggio del progresso conquistato, sbarrando quindi la strada agli ideali della condivisione e della solidarietà, a favore della supremazia sugli altri. Una voce non isolata, poiché anche i figli del nostro principale interprete considerano inopportuno rinunciare ad un innegabile vantaggio nell’arte della sopravvivenza, un morbo che è forse il frutto di una paura connaturata all’essere umano e che determinerà l’esito delle vicende familiari di questo spaccato di Pleistocene.

Non manca nemmeno il peccato originale del maschilismo in questo libro, quello che condanna la donna ad un ruolo gregario, quasi dovesse espiare per l’eternità la colpa di aver capito, prima dell’uomo, che la mela era un frutto commestibile, dolce e succoso e che lo si poteva mangiare. Tra i cavernicoli della Rift Valley le abilità femminili in termini di sopravvivenza in un ambiente ostile, di adattabilità e intuito, sono adombrate da un atavico senso di superiorità che gli uomini paventano, ignorando che il fuoco come grande scoperta e l’evoluzione dell’umana comunicazione toccano entrambi i sessi. Bravo l’autore, che con l’ironia tagliente che contraddistingue la sua scrittura, lo vuole sottolineare ricordando che già nella visione maschile della lontana preistoria, la donna aspira solo ad una “caverna più bella” essendo quello luogo deputato alla sua soddisfazione e nella quale, grazie al progredire del linguaggio dell’umana evoluzione, poter parlare di frivolezze e sciocchezze con altre donne. E poco importa se il pensiero progressista di un habilis come Edward rinneghi il rapimento a favore del corteggiamento nella costruzione del proprio nucleo familiare.

Nel leggerlo, per quell’equilibrio tra allegria e rispetto dei nostri lontani antenati, vien quasi da pensare che le vicende di questa famiglia siano state da ispirazione per Kirk De Micco e Chris Sanders quando hanno pensato al film ed alla serie di animazione del 2013 “I Croods”. Se non altro per la ridda di personalità che fanno da cornice ai protagonisti principali e che incarnano la ricerca filosofica e spirituale (Ernest), la passione per il naturalismo e l’arte rupestre (Alexander), l’abilità nel lavoro e nelle arti manuali (Wilbur), così come per William è chiaramente manifesta l’anticipazione evolutiva nell’idea che gli animali possano essere addomesticati e forse, un giorno, persino allevati. Di certo, dal romanzo è tratto l'omonimo film d'animazione del 2015, co-produzione francese, belga, cinese e italiana, diretto da Jamel Debbouze.

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Tra le risate c’è comunque uno spazio enorme su cui riflettere, sulla vera essenza della natura umana che saprà, anche in questo Pleistocene raccontato da Lewis, offrire il peggio di ciò che noi uomini siamo capaci di fare.