I promessi sposi: Storia della colonna infame, inedita: storia milanese del secolo 17. Un'edizione particolare

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Avvertenza
Valutazione e recensione sono frutto del mio personale gusto individuale, delle mie preferenze letterarie, così come la valutazione che assegno. E' quindi più che comprensibile, anzi auspicabile, che molti non la pensino come me. Detto ciò: ogni libro è fatto per essere letto.

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La mia valutazione su questo libro:
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Pensare di recensire o commentare i “Promessi Sposi” è un po’ come andare a cercarsela. E come se passando davanti alla finestra del domenicano Tomás de Torquemada, che fu a capo dell'inquisizione spagnola dal 1483 al 1492, uno si mettesse a declamare «così infinitamente rendo grazie a Dio che si sia compiaciuto di far me solo primo osservatore di cosa ammiranda e tenuta a tutti i secoli occulta» ovvero il sole sta fermo e noi gli giriamo intorno.

Chiarito quindi che nessun ardire porrò nel commentare la storia di Alessandro Manzoni, forse l’opera italiana tra le più celebrate teatralmente e televisivamente, oltre che tra le più citate insieme alla Divina Commedia del Sommo poeta, mi limiterò ad un invito alla rilettura di un’edizione molto particolare. Manzoni iniziò a dedicarsi alla scrittura del romanzo a partire dall'autunno del 1821, anche se per la prima originaria versione, di cui parlerò in altra sede, ci è suggerito che l’autore già dall’inizio dell’anno cominciò ad abbozzare trama e personaggi. La seconda fase di stesura del romanzo terminò nel novembre 1823 e il manoscritto fu edito nel 1825. Non nella sua forma definitiva però, perché l’autore, il cui ingegno era ormai cosa nota ed apprezzata nei circoli letterari, sentì il bisogno, avendone pure l’occasione, di approfondire la sua indagine linguistica, grazie al contatto diretto sia con la nobiltà fiorentina, che con il popolo, approccio che lo spinse a preferire quell’idioma di Firenze al posto del generico toscano come lingua letteraria del suo romanzo.

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E ci pare di sentirli chiacchierare tra le pagine, discutere animatamente Don Abbondio e Fra Cristoforo, Agnese e Perpetua, Don Rodrigo e Renzo, Gertrude e Lucia. Anche se la storia che Manzoni ci racconta nulla ci azzecca con la bella Toscana, essendo essa ambientata tra Lecco e Milano, al tempo della dominazione spagnola, in un’epoca piuttosto turbolenta tra carestia e tumulti popolari, contese territoriali e la terribile epidemia di peste. La vicenda personale e sentimentale dei due promessi sposi, Renzo e Lucia, s’intreccia dunque con eventi che segnano la storia d’Italia come la sommossa per il pane di Milano, la discesa dei lanzichenecchi e la disputa per salire a capo del Ducato di Mantova.

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Manzoni è prodigo di ingredienti nel suo intreccio letterario, vivace e stimolante, epidemia permettendo, infilando tra le righe striature di nazionalismo, tradizioni popolari, fede e speranza, psicologia, sociologia, filosofia, l’eterna lotta tra bene e male, tra luce e oscurità e amore. Tanto amore. Un vero capolavoro romantico, che trova conferma anche nelle scenografie che egli ci porta del lago di Como.

Ma sto divagando e me ne rendo conto. Perché raccontare questo libro che hanno letto tutti, studiato tutti, amato quasi tutti? Tornerò quindi all’edizione di cui volevo parlare, quella potremmo dire definitiva che fu pubblicata nel 1840 dalla Tipografia Guglielmini e Redaelli di Milano con il titolo “I promessi sposi. Storia della colonna infame, inedita: storia milanese del secolo 17. Scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni”.

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Nel momento in cui sto scrivendo queste righe si celebrano i 150 anni della morte di Manzoni e Mondadori ha rieditato una copia anastatica di questa edizione del 1840. Lo ha fatto perché l’autore volle che ad illustrare la sua opera fosse il pittore ed incisore ottocentesco Francesco Gonin. Ora, per chi non volesse sfogliare l’edizione cartacea, va detto che LiberLiber, una biblioteca digitale ad accesso gratuito, rende disponibile legalmente la stessa edizione ebook completa delle medesime illustrazioni.

Francesco Gonin (Torino, 16 dicembre 1808 – Giaveno, 14 settembre 1889), intorno al 1830, conobbe Massimo d'Azeglio (per cui illustro alcune opere) e proprio grazie a lui, durante un soggiorno milanese, fece la conoscenza di alcuni scrittori emergenti del mondo contemporaneo, tra questi Alessandro Manzoni, che lo chiamò per illustrare la sua edizione dei Promessi Sposi tra il 1839 e il 1842. Un’opera nell’opera, perché Gonin ebbe la possibilità di illustrare con le sue xilografie un intero romanzo, alternando dettagli, figure intere, scorci paesaggistici, vedute e scene corali.

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La versione di Gonin comprende un frontespizio e le trentasei illustrazioni di apertura di capitolo, oltre a 300 vignette cui si aggiungono le 56 xilografie della Storia della Colonna Infame. Sarà comunque Manzoni a sovrintendere al lavoro, sia per la collocazione delle vignette che per la loro dimensione, oltre che per il soggetto da rappresentare, tanto che a Gonin giungevano in bottega le tavolette di bosso già belle che tagliate e della giusta misura, con tanto di annotazioni del Manzoni circa cosa rappresentare.