Filatelia... tra passato e futuro
filateliche per corrispondenza Broadway Approvals Ltd
Per affrontare questo appassionante tema sull’origine del nostro DNA di collezionisti del Vecchio Continente è d’obbligo una prefazione sullo stato dell’arte. È ormai un dato di fatto che, negli ultimi trenta anni, l’evoluzione tecnologica, accompagnata dallo sviluppo del Web, ha offerto alla moderna società metodi assai più rapidi e meno costosi per la comunicazione interpersonale. Tutto ciò rispetto anche alle modalità adottate nel passato che imponevano a chi voleva comunicare a distanza l’utilizzo di carta ed inchiostro, nonché di una lettera con cui spedire le proprie epistole. Erano altri tempi, tutto scivolava con una scansione temporale più lenta, ma sen non altro il dover stendere una missiva ed assolvere al costo del francobollo per spedirla, imponeva al mittente il dover pensare se era davvero necessario inviare quella lettera. Per farla breve: non c’era lo spam e si scriveva e leggeva solamente ciò che era necessario od importante.
Per fare un esempio sulla diminuzione del volume delle corrispondenze spedite non serve andare a latitudini estreme: basta analizzare quanto le Poste britanniche hanno recentemente documentato. Mi riferisco ad un’appendice (un allegato), più precisamente la n°5 del rapporto “The future of philately as seen in 2018” redatto nel corso di due anni da un piccolo gruppo di filatelici denominato W4 (Woking, Walton, Weybridge e Waterloo), istituito nel settembre 2012 per discutere di tutte le questioni relative alla filatelia ed alla storia postale, fondato dal defunto professor Derek Diamond e Gavin Fryer, composto oggi da una decina di membri. Messo così può apparirci come un gruppo di filatelia esoterica, ma quanto è stato prodotto da questi illustri membri della Royal Philatelic Society di Londra è interessante, soprattutto dal punto di vista di una reale prospezione al futuro della filatelia.
La relazione annuale del biennio 2005-2006 ha visto un calo delle corrispondenze in parallelo anche delle variazioni tariffarie legate ai diversi scaglioni di posta introdotti in Gran Bretagna. Le relazioni annuali sul declino della corrispondenza sono diventate la regola per gli anni a seguire. Nel 2008-2009 i vertici di Royal Mail hanno parlato di una "concorrenza senza precedenti" da parte della “comunicazione elettronica” che ha ulteriormente depresso l'attività postale classica. Per il biennio 2009-2010 si citava che il volume di posta ("sacco di posta giornaliero medio") per anno era sceso del 7,5% nel 2010, il calo più marcato dal 2005.
“The future of philately as seen in 2018” redatto dal gruppo W4
Appare evidente che tali mutamenti nelle abitudini della popolazione planetaria abbiano un effetto diretto anche sulla nostra vecchia cara filatelia. Può il battito d'ali di una farfalla scatenare un uragano a migliaia di chilometri di distanza? Non è una questione banale. Quando Edward Lorenz, meteorologo del Massachusetts Institute of Technology di Boston (MIT), fece la stessa affermazione ai colleghi che erano presenti a un congresso, questi restarono sbigottiti. Lorenz aveva scoperto un fatto nuovo: partendo da due stati iniziali che siano anche solo leggermente differenti, un sistema può seguire evoluzioni molto diverse; questo rende le condizioni meteorologiche di fatto sostanzialmente impossibili da prevedere. A ben guardare poi, il Caos, ci circonda più di quanto immaginiamo. Il cervello umano è composto da un numero enorme di elementi semplici, i neuroni, che scambiano tra loro impulsi elettrici. Tuttavia, questo sistema è capace di percepire sensazione e formare pensieri. Il nostro cervello è dunque ciò che la Fisica definisce un "Sistema Complesso'', anzi è forse uno dei migliori esempi di tale sistema, difficilmente prevedibile e quindi caotico. Eppure anche il Caos ha le sue regole e scoprirle attraverso quella che è stata definita la Scienza del Caos permetterebbe di fare previsioni sempre più affidabili risalendo attraverso la catena delle cause e degli effetti fino "all'effetto farfalla''.
La nostra farfalla è una falena bella grande però. Perché se una drastica riduzione delle missive postali ha portato con sé una proporzionale riduzione dell’impiego dei francobollo, quest’ultimo si è trovato a dover combattere una lotta impari con quella meccanizzazione massiva introdotta nel ciclo postale che ha ulteriormente ridotto l’uso del francobollo a favore di etichettature e stampigliature meccaniche ed elettroniche. Se fino ad oggi l’utilizzo di nuove modalità per la comunicazione interpersonale, emotiva o commerciale che essa sia, ha visto la riduzione dell’impiego di francobolli per motivi strettamente legati all’evoluzione tecnologica, di recente è però accaduto qualcosa che non può essere sottovalutato per l’impatto che, in futuro, potrebbe avere.
La notizia è
rilanciata il 24 agosto del 2019 da Vaccari news e riguarda la ristrutturazione
economica dell’operatore nazionale islandese, Íslandspóstur, che ha introdotto
diversi tagli al proprio bilancio. Fra questi, la soppressione dei servizi ai
collezionisti. Dopo circa novant’anni di attività, il dipartimento di
Íslandspóstur (che è l’operatore postale del Paese scandinavo) che si occupa
dei collezionisti, Postphil, chiuderà i battenti, interrompendo ogni
prestazione. Fine! “Il fatto che nel tempo il numero dei nostri clienti
filatelici sia costantemente diminuito ha comportato un deficit”, spiega a
Vaccari news il responsabile del servizio, Vilhjálmur Sigurðsson, che aggiunge
che “l’azienda ha un nuovo amministratore delegato, Birgir Jónsson, il quale
sta tagliando quanto non è redditizio”. Lo stesso articolo sottolinea che se
ciò fosse possibile “la direzione preferirebbe interrompere del tutto l’emissione
di nuovi francobolli”, operazione non consentita al momento dalla attuale
normativa. Lo stesso amministratore di Íslandspóstur ha dichiarato che “se
lo Stato riconosce un significato culturale nell’emetterne altri, allora deve
pagare; noi come azienda non possiamo farlo”.
Una
dichiarazione che, se letta con attenzione, segna un passaggio epocale anche
nel mondo filatelico, come a dire che il servizio postale oggi non ha più
alcun bisogno di francobolli per funzionare e che se lo Stato ha ancora necessità
di emetterli perché legati ad una necessità comunicativa o celebrativa che essa
sia, lo stesso dovrà sostenerne i costi in quanto non più legati al recapito
della corrispondenza.
Bene, detto
questo possiamo iniziare a correre veloci come Flash e saltare su di una linea
temporale passata, quella in cui i francobolli erano ancora una necessità
imprescindibile del servizio postale e il commercio degli stessi assumeva nuovi
contorni ed apriva nuove strade.
Si trattava di una proposta effettuata per corrispondenza: i possibili clienti ricevevano a casa una lettera, all’interno della stessa si trovava un libretto contenente i francobolli proposti al collezionista, una scheda con il costo degli stessi presi per ogni singola pagina (ogni pagina conteneva generalmente una serie inserita in una bustina in pergamino quando non applicata con linguelle), una busta per l’eventuale reinoltro al mittente di quanto non acquistato.
sui libretti della Broadway Approvals Ltd
Il caso della Broadway Approvals Ltd non è isolato, basta
sfogliare le principali riviste generaliste del periodo per trovare inserti
pubblicitari di diverse società interessate a vendere francobolli per
corrispondenza. Per molti giovanissimi collezionisti era una gioia aspettare il
portalettere con quella busta rigonfia contenente i francobolli, ancor più
convincere i propri genitori a trattenere l’intero libretto, piuttosto che una
mitica serie sugli animali africani che era balzata all’occhio immediatamente.
la Broadway Approvals Ltd redasse addirittura una piccola guida al
collezionismo filatelico dedicata ai propri clienti sparsi nel mondo, ma si
spinse anche ad emettere e stampare foglietti erinnofili, ben specificando che
si trattava di “souvenir only”, giusto per non confondere le idee ai propri
clienti.
Cercando maggiori informazioni su ciò che avevo tra le mani, ho però scoperto che tale metodologia di vendita non era una novità per quegli anni Settanta cui ho fatto riferimento. Su larga scala, infatti, tali imprese filateliche per corrispondenza perfezionarono un metodo organizzativo per meglio ramificare la rete di vendita ed aumentare i profitti, ma la storia ci insegna che il sistema dei “libretti” ha origini ben più antiche, anzi nasconde anche un interessante risvolto sul mercato filatelico circa le quotazioni gomma integra vs linguellato.
Tra le diverse citazioni di Giorgio Landmans, molte delle quali ritrovabili tra le pagine del Postalista, ci è ricordato che ll collezionismo di francobolli nacque raccogliendo solo francobolli usati, quelli cioè che affrancavano le lettere in arrivo, meglio se provenienti da Paesi esotici e lontani. Non si poteva parlare di un “mercato”, era più un divertimento che coinvolgeva parenti ed amici. Quanto la dimensione del gioco di collezionare si fece più grande, ecco la genesi del mercato filatelico che, per poter accumulare materiale da rivendere, si rivolgeva alle istituzioni postali delle diverse nazioni. Queste ultime però vendevano francobolli nuovi, ed ecco allora la necessità di convogliare gli appassionati a raccogliere francobolli nuovi. Fu un suggerimento d’impero, offerto, si fa per dire, a voce decisamente alta.Sul finire degli anni ’40, la Seconda Guerra Mondiale ancora non aveva ancora bussato alle nostre porte, che qualcuno iniziò a vendere i francobolli applicati su “libretti di invio a scelta” composti da leggere paginette, in ogni pagina erano tracciati dei rettangoli verticali suddivisi singolarmente da tre o più righe, a seconda delle dimensioni dei libretti (di solito 15x10 centimetri)
Naturalmente i francobolli “nuovi”, con tale metodo, finivano per diventare “nuovi linguellati”, ma a quel tempo non esisteva ancora la malattia dell’illinguellato e neppure la diffusione del “classificatore” influì sulle valutazioni del linguellato o meno.
Ancor prima che l’artiglieria iniziasse a tuonare, molti furono gli austriaci che scelsero la fuga, preoccupati dalle minacce tedesche. Alcuni di loro scelsero di espatriare verso l’Italia, convinti delle promesse del Duce, che aveva loro garantito un porto sicuro. Stante la grande difficoltà degli espatriati di trasferire i propri risparmi utilizzando le banche di differenti Stati, tenuto conto che la quota di contante che era possibile portarsi appresso aveva dei chiari limiti doganali, molti utilizzarono lo stratagemma filatelico: si recarono alle Poste locali ed acquistarono francobolli in corso di validità, per poi applicarli sui famigerati “libretti di invio a scelta”. Alla frontiera denunciarono il contenuto dei libretti come oggetti facenti parte della propria collezione di francobolli, “articolo” consentito dall’allora normativa vigente. Una volta giunti nella grande Milano, gli espatriati iniziarono a battere i negozi dei commercianti filatelici del capoluogo lombardo, offrendo i valori che avevano inserito nei libretti. Va ricordato che in quei tempi era uso dare alla valuta corrente un valore differente da quello “ufficiale”. Chi acquistava dalle Poste di tutto il mondo doveva farlo attraverso un bonifico bancario e quindi poteva regolare l’acquisto solo nella valuta ufficiale. Lo Stato fissava il cambio, che però non era determinato dal mercato come oggi, ma era un valore imposto.
Fatto sta che gli esuli, in gran parte austriaci, una volta raggiunta l’Italia si premurarono di offrire ai negozianti locali di francobolli i loro “libretti”, trattando il loro valore sulla base della domanda e dell’offerta e comunque nella logica di una reciproca convenienza, certamente fuori dai binari del cambio “ufficiale” di valuta. In poco tempo nelle vetrine milanesi (ma non solo) fecero la loro comparsa le emissioni recenti dell’Austria a prezzo ”di mercato”, non a quello calcolato a fronte di un regolare acquisto all’estero, transato al prezzo cambio ufficiale.
Landmans ci
ricorda che “una sola Ditta in Italia faceva in quei tempi il servizio novità
straniere” seguendo il percorso ufficiale e rivendendo i francobolli così
acquistati ad un prezzo calcolato sul cambio ufficialmente imposto da una
transazione bancaria internazionale. Ecco, dunque, che qualche scaltro
collezionista, cliente di questo commerciante, accortosi di quanto erano più
alti i prezzi di vendita, rispetto a quelli proposti da altre filatelie che li
avevano comprati dai fuggitivi austriaci, fece le sue rimostranze asserendo di
aver pagato il doppio rispetto a quello che “è esposto nelle vetrine dei vostri
concorrenti”. La risposta arrivò pronta e decisa. “certo, ma i nostri
francobolli non sono linguellati”.
I libretti “su invio a scelta” rappresentano quindi il paziente zero del
“mal di linguella”, avendo gli stessi dato origine a quella turbativa di
mercato che impose di dover giustificare la differenza di prezzo nella vendita
del medesimo francobollo.
clienti italiani della Broadway Approvals Ltd.
Bibliografia essenziale
- Giorgio Landmans, Un cavallo imbizzarrito, da il Postalista.it (consultato il 14/10/2019);
- Giorgio Landmans, Con Linguella o senza linguetta? Un po’ di storia, un po’ di verità, da il Postalista.it (consultato il 14/10/2019);
- AA.VV., Filatelia di Stato, l'Islanda chiude, da Vaccari news(consultato il 14/10/2019);
- Forum AA.VV., Libretti a scelta, dal forum de Filatelia e Francobolli (consultato 16/10/2019)
- AA.VV, The history of Micromodels Ltd and Modelcraft Ltd miniature cut-out kits. da worldofmicromodels.nl, consultato il 30/09/2019;
-
Forum AA.VV, Solar Suystem Rocket Service, post e commenti dal forum di www.stampboards.com, consultato il 13/10/2019.
Forum
- AA.VV, discussione sui libretti "a scelta", post e commenti dal forum di www.stampcommunity.org, consultato il 13/10/2019.