C'è arte ed arte.. dentro e fuori ogni collezione

Lo spunto questa volta non me lo offre una delle tante esposizioni museali oggetto costante del mio essere collezionista, ma una lunga divagazione sul tema arte, collezionismo e filatelia, esternazione "moderatamente alcolica" fatta con un certo patologico entusiasmo tra gli stand della appena conclusasi Veronafil, reggendo tra le mani uno spritz. Chi segue questo mio spazio virtuale dedicato alla personale idea che ho di collezione, sa bene come la digitalizzazione e la riproposizione dei miei "reperti" filografici esprima il concetto che la collezione può essere vissuta e riproposta come un vero e proprio percorso museale, ove ogni album è riletto come la sala virtuale di un museo o di una mostra, all'interno di un percorso logico e strutturato.
L'osservazione postami è stata quella di dimenticare anche quell'aspetto un po' asociale che caratterizza il collezionista, talvolta morbosamente geloso di ciò che ha raccolto, al punto quasi da volerlo condividere con pochi eletti, in modo massonico, quasi con un rituale esoterico, rivolto solo ed esclusivamente a coloro che egli considera suoi pari. Ragione per la quale il cercare d'assimilare il collezionista filatelico al collezionista d'arte, di paragonare la propria raccolta ad un percorso museale, rischia d' apparire una forzatura, quasi una esondazione dai confini accademici.
Non è però forse per quella architettura liturgica, che molti collezionisti hanno abbracciato, che si fatica a catturare l'interesse delle nuove generazioni per l'oggetto dentellato? Ma siamo davvero sicuri poi che arte e francobollo non siano fratelli da sempre, anche per il sentimento collezionistico che li unisce o per le modalità con cui si potrebbe raccontarli e, perché no, viverli? Discussione interessante, non c'è che dire!

Non c'è dubbio che la matrice del collezionismo trova in quello dell'arte, fenomeno risalente all'antichità greco romana, il DNA originario del "raccoglitore", pur con intenti e d ideali differenti: legati ad un mercato stesso dell'arte o per quel mecenatismo a sostegno ed a patrocinio di attività artistiche e culturali che nel passato erano patrimonio di pochi. Come afferma Giuseppe Di Bella nel suo articolo "Breve storia di una passione travolgente: il collezionismo filatelico", appare evidente che il collezionismo filatelico, per evidenti motivi di invenzione dello stesso, si colloca in epoche assai più recenti di quello primigenio dell'arte.
"Il francobollo, emesso dal Regno Unito in epoca Vittoriana nel maggio del 1840, indubbiamente suscitò subito un notevole interesse collezionistico. Le prime ad accorgersi della sua bellezza estetica e decorativa furono però le signorine inglesi di buona famiglia che cominciarono ad impiegarli per il decoupage (una maltrattata forma d'arte domestica?). Ne utilizzavano in quantità per confezionare graziosi paralumi e talvolta anche per il decoro di intere pareti. Sempre Di Bella ci racconta che però già nel 1841 apparve sul “Times” di Londra, un annuncio con il quale erano ricercati francobolli usati! E’ quindi possibile affermare che la filatelia è nata con il francobollo e che la diffusione del collezionismo di francobolli fu esplosiva.
In pieno Ottocento la società europea era ancora sostanzialmente rurale, affetta da una scarsa rappresentazione grafica, fatta eccezione per quelle forme d'arte rappresentate da stampe, quadri ed affreschi. Una forma di utilizzo evocativo o celebrativo ancora saldamente ancorata alla tradizione classicista e dell’antichità, alquanto statica e detenuta da un nucleo ristretto di soggetti, in gran parte ancora mecenati raccoglitori non ancora proiettati alla massima diffusione delle proprie collezioni d'arte. Ma i francobolli possiedono anche un altro aspetto straordinario ed affascinante che ci ricorda Di Bella: "quello di far viaggiare e di far conoscere luoghi, personaggi, avvenimenti e tradizioni anche senza muoversi da casa, peculiarità non secondaria, in un’epoca in cui viaggiare era consentito a pochi".
E’ possibile
affermare dunque che in Europa, alla data del 1900, la maggior parte degli
uomini in possesso di un minimo di istruzione e cultura, raccoglievano
francobolli, ma è ancor più curioso che coloro che, per rango e posizione
sociale, già collezionavano opere d'arte, dunque anche per il valore
culturalmente intrinseco delle stesse, collezionassero pure francobolli. Tra i
filatelisti si annoverano personalità di grande rilievo come Re Carlo II
(Carol) di Romania, Elisabetta II d’Inghilterra, re Faruk dell’Egitto, il
Presidente degli U.S.A. Franklin Delano Roosvelt.

C'è arte ed
arte. Vero!
Ma a voler
scavare nell'intimo di questo rapporto, che lega le grandi espressioni grafiche
del passato al riquadro dentellato, emerge un fatto incontrovertibile: lo
stesso francobollo evolve dalla sua sovrana funzione di tassa postale ad
elemento espressivo a 360 gradi. Lo fa attraverso la tecnica del bulino. "L'incisione
si può definire un'arte che per mezzo del disegno e dei tratti delineati ed
incavati su materie dure imita le forme, i lumi degli oggetti visibili e può
moltiplicarne gli impronti per mezzo dell'impressione", in queste
parole Francesco Milizia, teorico e scrittore d'arte, nel Dizionario delle
belle Arti e del Disegno (edito a Bassano nel 1797) parla dell'incisione a
bulino, tecnica invariata nei secoli, con la quale si realizza la stampa d'arte
più pregiata.
Il procedimento tecnico dell'incisione calcografica è molto accurato e consiste nell'incidere una lastrina di metallo (di solito rame) attraverso uno strumento da taglio, il bulino, piccolo utensile in acciaio temperato, con la punta tagliata trasversalmente ed affilata, che permette di realizzare un segno particolarmente netto e preciso. Per incidere, si pone la lastra su un cuscinetto di cuoio pieno di sabbia in modo che non si muova ma possa essere spostata facilmente. Tutti i segni incisi, fino al più minuscolo tratto o puntino, tornano a vivere inchiostrati e trasferiti sul rettangolo di carta del francobollo esprimendo l'intuizione e l'anima dell'artista attraverso il procedimento di stampa calcografica (calcografia è un termine che deriva dal greco che significa rame e cioè scrivo, incido).
L'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato mantiene viva questa tradizione, riservandola alla stampa di francobolli, carte valori e prodotti di alta sicurezza, in modo da esaltarne gli aspetti tecnici. Per la creatività e la capacità dei suoi artisti ed incisori, il Poligrafico dello Stato italiano si è affermato in ambito internazionale nella produzione filatelica tanto che, ancora oggi, molte amministrazioni postali straniere si rivolgono all'Istituto Italiano per la realizzazione dei propri francobolli. Badate bene che a dire tutto ciò è un'intera tesi di laurea in Psicologia dell'Arte, da cui ho rapinato un piccolo paragrafo, dal titolo "il francobollo tra arte e comunicazione nella repubblica italiana" a firma della Dottoressa Anna Sacco.
Appare difficile ora contestare che, nel bene e nel male, anche un francobollo può essere annoverato tra le opere d'arte per quel necessario estro a rappresentare la sintesi di ciò che s'intende celebrare o commemorare e quell'abilità manuale nell'inciderne ogni piccola sfumatura.

Per chi non ne fosse a conoscenza, aggiungo che proprio di francobolli italiani, con un intero volume dal titolo "Biblioteca dell'Arte - I francobolli italiani" già s'era occupato un tal Federico Zeri. Stimato conoscitore d'arte, critico arguto, specialista della pittura italiana dal XII al XV secolo, nel 1963 John Paul Getty, miliardario americano, lo chiamò per la creazione del museo omonimo a Malibù; fu incaricato negli anni sessanta dal Metropolitan Museum of Art di New York e dal Walters Art Museum di Baltimora di comporre i cataloghi delle collezioni italiane; firmò come critico d'arte per la Stampa ed in numerose trasmissioni televisive; nel 1984 fu fra i pochi ad avanzare forti dubbi che fossero di Amedeo Modigliani le tre sculture ritrovate a Livorno e considerate autentiche da numerosi esperti.
Curriculum a parte, Federico Zeri tratta nel suo saggio il francobollo alla stregua di un'opera figurativa, oltre che simbolica, con un excursus attraverso la produzione filatelica italiana dall'unità d'Italia alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il francobollo è per Zeri un indicatore preciso di situazioni politiche e culturali, oltre che mezzo figurativo, per quanto stringato e concentrato, di propaganda, capillarmente diffuso nei diversi strati della società.
Attraverso le pagine di questo ampio saggio, Federico Zeri ripercorre la storia dei francobolli postali italiani dagli anni sessanta dell'Ottocento all'avvento della Repubblica: dai francobolli celebrativi degli eroi risorgimentali a quelli raffiguranti i ritratti dei monarchi italiani, dalle emissioni commemorative di speciali occasioni e avvenimenti politici o civili a quelli propagandistici di epoca fascista dedicati alla supremazia della letteratura e della civiltà latina e alla grandezza dei monumenti della Roma antica, alla celebrazione dell'agricoltura e dei valori connessi alla terra, oltre che all'importanza della scienza e della ricerca scientifica, della musica, della letteratura e dello sport. Una galleria d'arte cui pare non mancare nulla, critiche incluse.

L'arte compenetra l'arte. E lo fa quando, esattamente in questo mio sesto album dedicato alle emissioni repubblicane, in occasione delle prime serie dedicate all'arte italiana, il francobollo ripropone le opere di artisti quali Jacopo della Quercia e Giorgio Vasari, ma lo fa quasi come quando per tradurre due alfabeti differenti si renda necessaria una sorta di translitterazione dei formati.
Se l'impiego
della calcografia offre un tocco di pregio e raffinatezza, è però la maestria
dei disegnatori del Poligrafico a dare il massimo di sé, tanto da esondare
quasi nel "falso d'autore" poiché con il lavoro al bulino quadri ed
affreschi riprodotti non possono più dirsi opere di Guido Reni, Armando Spadini,
Boccioni, Marinetti, Arcimboldi, così come recita il francobollo, ma creazioni
di Tullio Mele, Alceo Quieti, Valerio Puliti, Francesco Tulli. Come dicono i
francesi si tratta di d'aprés di grandi Maestri dell'arte italiana,
reinterpretazioni al bulino filtrate dall'incisione e dalla sensibilità di un
altro artista.

- Giuseppe Di Bella, Breve storia di una passione travolgente: il collezionismo filatelico, 16/04/2010, http://www.clubfilateliaoro.it (ultima consultazione 30/10/2019)
- Anna da Sacco, Il francobollo tra arte e comunicazione della Repubblica Italiana, Tesi di laurea in Psicologia dell'Arte, 2015, da www.ilpostalista.it, (ultima consultazione 30/10/2019)
- Federico Zeri, I francobolli taliani, Biblioteca d'Arte Skira, 2006, Skira
- Francesco Milizia, Dizionario delle belle arti del disegno estratto in gran parte dalla Enciclopedia metodica, Bassano 1797 (edd. segg.: ivi 1822; Milano 1802,1804; Bologna 1827)
- Francesco Antinucci, Comunicare nel museo, 2014, Laterza
- Francesco Poli, Il sistema dell'arte contemporanea. Produzione artistica, mercato, musei, 2011, Laterza