Acqua buia di Joe R. Lansdale. Anima tra noir e thriller davvero magistrale.

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Avvertenza
Valutazione e recensione sono frutto del mio personale gusto individuale, delle mie preferenze letterarie, così come la valutazione che assegno. E' quindi più che comprensibile, anzi auspicabile, che molti non la pensino come
 me. Detto ciò: ogni libro è fatto per essere letto.

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La mia valutazione su questo libro:
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Il fiume Sabine attraversa una regione di praterie nel nord-est del Texas e nel suo corso inferiore costituisce parte del confine tra gli Stati del Texas e della Louisiana prima di gettarsi nel Golfo del Messico. Lungo le sue sponde limacciose, su cui l’unica cosa che non scivola o non sprofonda nel fango sono le radici marcescenti degli alberi e dei rovi spinosi che si accartocciano su se stessi, si ambienta “Acqua buia” di Joe R. Lansdale (Einaudi - Stile Libero). Quello stesso limaccioso Sabine che incrocia, nel suo eterno e schizofrenico girovagare, Jack Kerouac in "Sulla Strada" (On The Road), manifesto letterario della beat generation americana del secondo dopoguerra.

Qui però siamo in piena grande depressione e ci troviamo nel grande sud americano degli anni Trenta ad una latitudine in cui, oltre all’umidità, nella pelle penetrano e bruciano lo sfinimento di un’epoca sbagliata per chi si è trovato a viverla, la miseria di chi ha sempre avuto poco ed ora ha quasi nulla, l’oblio dell’alcool che pare l’unica cosa che non manca mai ed un razzismo che sembra una tara genetica, tanto è connaturato nell’animo della popolazione bianca della regione. Un razzismo che però non si limita al solo colore della pelle, ma che è come un virus che contagia tutto. Condanna e marginalizza ogni cosa fuori dai canoni dell’”uomo che non deve mai chiedere nulla”. Tutto ciò che non è assolutamente “maschio”. O meglio, non lo è abbastanza secondo una visione maschiocentrica dell’esistenza! Il che significa che anche l’omosessualità è considerata come una disgustosa menomazione, che l’essere donna significa offrire cieca obbedienza ai canoni di un Antico Testamento che la colloca subalterna ai discendenti di Adamo con cromosoma Y, che le percosse e l’incesto, tutto sommato, altro non sono che l’inevitabile conseguenza di un mondo dove non tutti sono stati fatti uguali e ci sarà pure una ragione!

Lansdale, con una sapienza ed una manualità da chef stellato, amalgama questi ingredienti. Li lavora in una scrittura che ti divora, che ipnotizza e ti incolla al foglio, che non lascia pause e che talvolta pare inseguirti, tanto senti sul collo l’ansia di una fuga. Perché è di questo che stiamo parlando, di una fuga dalla disperazione e della ricerca di una speranza che l’autore non rinnega mai, ma che rivendica quasi, per conto e in difesa dei suoi personaggi, come il vero grande “sogno americano”. Un american dream che a tratti scompare tra i flutti limacciosi del Sabine, ma che poi riemerge, sbraccia, s’aggrappa alle radici, a un vecchio tronco.

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Fuggono come un’armata Brancaleone un gruppo di adolescenti mal assortiti: Sue Ellen, che gira per casa brandendo un bastone per difendersi dal padre che ci prova con lei; Terry, un ragazzo tutto sommato brillante, se non fosse che l’essere omossessuale lo rende tale e quale (se non peggio) alla sua terza compagna di sventure, Jinx, che pare la più pratica, lucida e sgamata dei tre, ma alla quale il colore della pelle non offre grandi aspettative perché il nero non è molto in voga in quel sud americano che mette i piedi a mollo nel pregiudizio e nel razzismo più abietto. Si unisce, quasi inaspettatamente al gruppo, la madre di Sue Ellen, che vuole evadere da una prigione domestica in cui ai fumi dell’alcool dove si rifugia, alterna le botte del marito. Una donna che non ne può più e che cerca di recuperare quel ruolo di madre che sa di non aver mai rivestito veramente.

E tutto accade per un fatto inaspettato, il ripieno noir di questa delizia letteraria dalle sfumature gotiche, messa a lievitare da Lansdale: il ritrovamento nel fiume del cadavere di un’amica dei ragazzi, Mary Lynn, adolescente con il sogno dell’attrice hollywoodiana, riemersa dall’acqua buia del Sabine dopo esservi stata ancorata sul fondo fangoso con una vecchia macchina da cucire legata ai piedi.

Il fiume è un simbolo. Forse perché scorre come la vita di ognuno di noi, scivola e si muove fluida come quella dei protagonisti. Perché non corre mai in linea retta, ma serpeggia tra anse rocciose, rive scoscese, talvolta si arena su banchi sabbiosi o s’impenna tra le rapide. Oppure, senza preavviso, incappa nelle piogge e si gonfia, esonda, strappa gli argini e poi rientra e lentamente va in secca.

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Sulla loro zattera in balia della corrente, come moderni argonauti di un non luogo che non ha tempo, Sue Ellen e la madre ritrovata, Terry, Jinx e ciò che della povera Mary Lynn si portano appresso, fuggono. Puntano ad un approdo sicuro, tracciano la rotta per quella Hollywood che desiderava tanto Mary Lynn e che non vedranno mai, perché essa altro non è che una vita migliore, una famiglia migliore dove ciò che conta davvero sono i legami forti, i sentimenti che davvero uniscono e poco conta il suo nome. Quelli che ci fanno sentire vivi, a dispetto di chi, invece, per un motivo o per un altro, li vorrebbe morti questi nostri eroi in pantaloncini corti. Li cercano e li inseguono un avido sceriffo corrotto di una terra che pare senza legge, uno zio gretto e ruvido come carta vetrata, un marito dalla doppia personalità che sembra tutto fuorché il modello del genitore perfetto e che, paradossalmente, indossa male assai gli indumenti del “maschio” del profondo sud americano.

Tutti li inseguono per recuperare un piccolo tesoro che la povera ragazza morta, prima di finire sott’acqua legata ad una vecchia Singer anni Trenta, ha cerchiato su una mappa finita tra le mani dei fuggitivi. Si abbracciano favola e romanzo epico, ad inseguire l'opportunità che tutti meritano, almeno una volta nella vita.

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Non manca nulla, insomma, perché “Acqua buia” possa collocarsi in libreria come uno dei migliori romanzi di questo autore e come un piccolo pezzo della grande saga letteraria americana. Il Tarantino che c’è in Joe Richard Harold Lansdale poi, quasi lo obbliga ad immergersi tra le paludi e le antiche credenze popolari del voodoo della Louisiana, dando vita ad sorta di sanguinario personaggio, Skunk, inseguitore instancabile della comitiva in fuga, mezzo uomo mezza bestia, collezionista di mani mozzate ed il cui fetore finisce per accompagnare chi legge ad ogni pagina, ma soprattutto a farci sussultare al minimo rumore, ad alzare il ritmo della lettura ed il battito cardiaco. Perché ogni storia cupa e violenta ha il suo “male assoluto”, il suo “uomo nero” dello stanzino buio. Anima tra noir e thriller davvero magistrale.
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