Presidenti tra i dentelli

Articolo originariamente pubblicato il 7 maggio 2016
Rieditato per questo sito il 11 settembre 2021

I musei servono a incantare, ma più che altro servono a scoprire l’incanto. Non è solo una frase ad effetto. Essa condensa, meglio di qualsiasi altra affermazione, ciò che dovrebbe provare colui che apre e sfoglia un album della nostra collezione, sempre seguendo quella logica che vuole ogni nostra cartella filatelica immaginata e costruita come la sala di un percorso espositivo. Manco a dirlo, la frase non è farina del mio sacco: essa apre un interessante articolo a firma di Roberta Bonetti, pubblicato sul sito della Regione Valle d'Aosta, che affronta il tema dell'educazione da un interessante punto di vista, senza risparmiare illustri, quanto controverse citazioni. Tra queste ultime anche quella di Bruno Bettelheim che affermava che “troppo spesso i musei odierni cercano di trasmettere ai bambini un tipo di conoscenza dalla quale non nascerà alcun senso di meraviglia”. A leggerla, mi è parso quasi un dejà vu. Una storia già vista, già vissuta (vi invito a tale proposito a rincorrere il mio post dal titolo "Incontri generazionali lungo il percorso").

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Secondo l'autrice dell'articolo dal titolo "Così banale, così bello", le affermazioni dello psicologo austriaco Bettelheim si rivelano in "tutta la loro provocatorietà per il sistema educativo in generale. "In un mondo dove la meraviglia sembra essere esclusivamente associata allo spettacolare, al teratologico, come accadeva nelle wunderkammern del Seicento, pare che nient’altro sia più in grado di sollecitare la capacità di stupirsi e di vivere l’esperienza della contemplazione estetica".

L'autrice propone, nel corso della sua analisi, attraverso qualche esempio tratto da percorsi espositivi a carattere interculturale, alcune interessanti modalità di come un buon uso dell’esperienza estetica possa scaturire dall'incontro con la normale “quotidianità” e come, attraverso questa, sia possibile vivere un senso del “bello” alternativo all'estetica imperante proposta dai mass media della nostra epoca, quella stessa epoca che tutti noi viviamo, l'era moderna che ha relegato il francobollo ad una zona grigia, una mezza via tra il reperto antiquario di superate forme di comunicazione e quello di un collezionismo attempato, ove il senso estetico, talvolta profondamente innovativo data la dimensione dell'opera, fatica ancora a stimolare i sensi delle nuove generazioni, abituate ad iperstimoli ben diversi.

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Uno degli esempi citati nell'articolo riguarda una mostra: "Mappe, rotte e paralleli, persone, viaggi di carte e rappresentazioni del mondo". Un percorso espositivo interculturale che, attraverso una lettura “decentrata” della cartografia e della storia, fornisce gli strumenti per rivedere in modo critico alcune convinzioni antropocentriche, soprattutto il rapporto tra la modalità di conoscenza cartografica e la relazione con il mondo (dalla percezione del corpo alla rappresentazione dello spazio e del tempo). È una proposta che sorge in reazione ad un mondo globalizzato che fatica a trovare la via del dialogo fra le sue molteplici diversità.

La cartografia nel percorso espositivo diviene così pretesto per riflettere sulle nuove geografie del quotidiano, in un percorso antropologico che attraversa esperienze di confine, di identità, di globalità, dall'abitare al vestire, all'uso delle cose. La carta geografica, si sa, non è il territorio, ma una sua rappresentazione o al massimo una sua percezione. Così come un francobollo o un insieme postale non incarnano la storia nel suo insieme, ma possono diventarne rappresentazione, percezione, scansione degli eventi. Così come la carta geografica fornisce solo un’immagine incompleta e parziale della realtà, il francobollo è un singolo tassello di un insieme più grande capace di innumerevoli connessioni.

Anche nella nostra collezione, vissuta come una grande mostra, è dunque possibile mettere in scena immagini e oggetti della contemporaneità e fare esperienza in modo ludico con i "visitatori" piccoli e grandi di come questa rappresentazione dentellata ci offra nuove modalità con cui la realtà di oggi si connetta alla storia già vissuta. Il percorso va dunque sempre letto come un itinerario di scoperta.
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L'esempio delle carte geografiche cadeva a pennello in questo mio intervento dedicato alla revisione ed alla ripresentazione del quarto album del mio percorso repubblicano, quello che comprende il biennio 1960 - 1961 ed include quindi anche il celebre Gronchi Rosa.
La sezione di approfondimento legata ai viaggi presidenziali della "prima repubblica" è stata ricollocata nella "collezione del tricolore", ovvero gli album che raccolgono gli obliterati della Repubblica Italiana. Aggiornamento del 3 gennaio 2108.
Un francobollo che ha trasformato un caso diplomatico, quindi una questione di mappe e di confini tracciati sulla carta, in un caso squisitamente filatelico. A cavallo degli anni Sessanta, le celebrazioni filateliche dei viaggi dei Capi di Stato erano divenute, all'estero, una vera moda. Forse per questo, in occasione dell'itinerario sudamericano del presidente Gronchi si pensò, senza rischiare troppe critiche, ad una apposita serie, senza dover ricorrere a particolari sovrastampe, così come era accaduto per gli Stati Uniti, o alla manfrina dell'amicizia, cui si fece ricorso per il viaggio in Brasile. Il 3 aprile del 1961 l'Italia stampò dunque tre francobolli per celebrare il viaggio del Capo dello Stato in Sudamerica.

Al disegnatore fu dato però un atlante degli anni '30 che non teneva conto delle recenti conquiste militari del Perù, in modo particolare dei fatti avvenuti tra il 5 luglio 1941 e il 31 luglio 1942. In quei dodici mesi Perù ed Ecuador combatterono una guerra sanguinosa per il controllo di un territorio nel bacino del Rio delle Amazzoni. Il conflitto si concluse con la vittoria del Perù, che poté così annettere la vasta regione. Ma il disegnatore, guardando le vecchie mappe, non lo sapeva e così il Gronchi Rosa andò in stampa con i vecchi confini, suscitando le vibranti proteste diplomatiche del governo peruviano. La distribuzione fu immediatamente sospesa, ma ormai erano già stati venduti parecchi esemplari. Si tentò di correre ai ripari, disponendo l'immediato ritiro di tutti i francobolli nelle tabaccherie e negli uffici postali. Ma non fu sufficiente, molti erano già sulle buste. Si provvide pertanto a bloccarli negli uffici di smistamento, dove solerti dipendenti furono incaricati di coprire i francobolli rosa sbagliati con una versione grigia, corretta.

Alcuni esemplari sfuggirono però alla grandiosa operazione, diventando così uno dei pezzi più ambiti dai collezionisti. Proprio da questa emissione di tre valori nacque il caso del Gronchi Rosa, cui il mio quarto album tra le altre cose dedica un doveroso approfondimento (con tanto di esemplari).

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Una serie di francobolli che, a loro volta, si propongono come "voce fuori campo" per fare da guida a colui che sta sfogliando l'album in un nuovo viaggio sospeso tra la storia e la contemporaneità, quello dei primi viaggi presidenziali, a recuperare l'immagine del Capo dello Stato per come essa era percepita alle origini della repubblica.

Con il “senno di poi” è infatti impossibile non notare come, la filatelia ed il fervore collezionistico del primo corso repubblicano, abbiano dato un forte contributo alla memoria storiografica circa il ruolo avuto dai diversi Presidenti nella politica estera italiana, ciò attraverso aerogrammi e buste commemorative, predisposte proprio per celebrare tali viaggi. Reperti filatelici e celebrativi ammessi a viaggiare sul volo presidenziale, sovente affrancati con i francobolli emessi per l'occasione. In altri casi si ricorse a buste FDC ricordanti l'evento e riportanti l'annullo del giorno di partenza del Presidente della Repubblica italiana, talvolta corredate di note ed informazioni.

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Ho rivisto questo album revisionando ed integrando le schede storiche e di almanacco filatelico, ma soprattutto integrando nuovi pezzi del fuoriprogramma "presidenziale". La speranza è che, attraverso questi reperti incastonati tra le emissioni del periodo, mi sia possibile suscitare, anche attraverso l'elemento estetico che vi traspare, quella "meraviglia" assolutamente necessaria alla trasmissione della conoscenza.

Bibliografia essenziale
  • AA.VV, Politica e francobolli, 15/11/2014, Vaccari News (ultima consultazione 30/10/2019)
  • Roberta Bonetti, Così banale, così bello, L'école valdotaine, n°70, aprile 2006
  • Franco Filanci, Dizionario di storia postale, Cronaca Filatelica Speciale n°2, settembre ottobre 1997
  • Danilo Bogoni, Franco Filanci, Europa 50 una storia dentellata, 2007, Poste Italiane.